Nessun padrone

Mi chiamo Laura e di mestiere provo a fare la scienziata. Mi interesso di politica da che ho ricordi, ma non ho mai avuto una tessera di partito. Ho studiato e continuo a studiare perché anche l’operaio vuole il figlio dottore.

Su Qualcosa di Sinistra ho all’attivo oltre 130 post. Sicuramente ho scritto tante boiate in questi 2 anni e molte altre continuerò a scriverne. Tutti i miei pezzi li trovate nella rubrica Il Pesce Palla. L’ho chiamata così perché il fugu può essere mortale ed è perciò l’unico piatto giapponese che è vietato servire all’imperatore. Mi sembrava una buona metafora del classismo che cerco di combattere.

Circa una settimana fa ho osato criticare il governo israeliano. In quel caso sono tornata a parlare anche di colonialismo, un tema che mi sta molto a cuore e che trovo colpevolmente trascurato in Italia. Per l’occasione mi è stato dato della nazista, antisemita, ignorante, filoterroristarazzista, simpatizzante di CasaPound. Poco male, lo avevo già messo in conto.

Se fossi liberista e fondassi un giornale sarei coerentemente orgogliosa di avere come padroni i miei lettori. Se facessi militanza politica in certi partiti potrei vantarmi di avere come padroni quelli che mi hanno votato se non addirittura qualcuno molto più in alto. Se non fossi fortunata come sono, dovrei probabilmente rispondere ai padroni del mio corpo o del mio lavoro. Ma io di padroni non ne ho.

Tutto quello che scrivo è ciò che sono: la mia educazione, le persone con cui ho parlato, i luoghi in cui sono stata. Ed ho preso (non solo in questo caso, sia chiaro) gli insulti, dal primo all’ultimo, senza censurarli. Ho incassato la replica dei lettori e risposto a mia volta. Perché è così che funziona.

Ma non ditemi COSA DEVO scrivere su questo blog. Non elencatemi gli argomenti permessi e quelli tabù. Non chiedetemi obbedienza assoluta a un partito, una morale o un governo. Non scrivo per professione, ma per egocentrismo e per leggere le vostre critiche. La sete di censura dei lettori, invece, fa sempre e solo il gioco dei potenti.

Certo bisogna farne di strada
da una ginnastica d’obbedienza
fino ad un gesto molto più umano
che ti dia il senso della violenza,
però bisogna farne altrettanta
per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni.

(Fabrizio de Andrè – Nella mia ora di libertà)