Il #potere, i #privilegi e la morte del #dissenso

Bufala su Laura Boldrini: alla camera apre il parrucchiere per donna. Florilegio d’insulti alla medesima e conseguente schieramento dei difensori delle istituzioni (tutti rigorosamente aggratis, come si addice loro). Mah. Gira e rigira quello che esce fuori è che oltre a compravendite di ogni tipo di merce e ristoranti di lusso a prezzi stracciati in Parlamento ci sono anche barbieri e parrucchieri. Si vede che a Roma c’è penuria di saloni, chi l’avrebbe mai detto.

In tempi non sospetti ci fu la battaglia del tandem Concia-Scalfarotto (a proposito on. Scalfarotto, bella Londra?) per il privilegio di cui godono i parlamentari etero di poter estendere, pagando per carità, la copertura sanitaria obbligatoria ai conviventi: i due decisero che il privilegio doveva spettare anche ai parlamentari omosessuali. E al popolo?  Al popolo il nulla cosmico. Ai conviventi etero e omo che non siedono alla Camera o al Senato i due rispondevano sempre “stiamo lavorando per voi”. Il resto è storia.

Anche le quote di genere (meglio note come quote rosa) furono una mera lotta per un privilegio: le parlamentari di fatto fagocitarono una discussione ben più viva e profonda, sventolando argomenti ridicoli, già nuclearizzati filosoficamente e scientificamente a inizio ‘900, tipo la politica viene meglio se ci sono più donne (ma quando mai nella storia dell’universo?). E per le donne, quelle che si sbattono da mattina a sera per mettere assieme pranzo e cena cosa hanno fatto le autoproclamate femministe in tailleur? Di nuovo il nulla cosmico.

Ora arriva la norma sulla responsabilità civile dei giudici, fantastico principio (infatti c’era già), anzi, fosse per me carceri e giudici non dovrebbero nemmeno esistere. Bene, bravo, bis. Peccato che nessun privilegio sia mai diventato diritto, anche se ricordo bene che lo si predicava ai quattro venti proprio al tempo di Berlusconi. Pensare che la norma servirà al poveraccio per non marcire in galera è da utili idioti.

Emma Goldman diceva che l’arena politica non lascia alternative, si deve essere asini o furfanti. Esagerata. Grillina ante litteram. O forse solo spudorata constatazione dei fatti. Non è questione di noi straccioni e loro kasta, troppo semplice, troppo assolutorio: apprezzo il lavoro che il M5S sta facendo, ma è e rimane uno sforzo vuoto, congeniale allo status quo, il calo dei consensi a favore dell’astensione ne è stato a mio parere la riprova.

Facciamo onestamente un bilancio di questa democrazia rappresentativa, proviamo a capire se le ruberie (vedi Mose ed Expo tanto per citare gli ultimi avvenimenti) sono episodi casuali o sono parte integrante dell’arte di governare, se i privilegi di cui godono, talvolta per nobili ragioni, gli amministratori del Paese sono cose che la collettività può permettersi avendo comunque un ritorno enorme. Quali benefici ricaviamo nonostante i parrucchieri di palazzo? Come è migliorata la nostra condizione sul posto di lavoro, in famiglia, nelle scuole, nelle carceri a fronte dell’impossibilità dei parlamentari di mangiare in mensa anziché in un ristorante?

Una delle cose più gravi in questo momento in Italia è l’impossibilità di muovere questo tipo di critiche a qualsiasi governo o istituzione. Il rapporto di forza è sbilanciato sotto molti aspetti: quello legale, che si articola specialmente nella minaccia di querela di cui un gran numero di politici fa ampissimo uso, e quello delle condizioni miserevoli del Paese che hanno imposto l’accettazione di qualsiasi cosa, compresa l’idea a dir poco scandalosa di cancellare il Senato. O si è con Monti/Renzi o si è nemici del popolo, da ostracizzare tutti compatti in nome della patria.

Bisogna riprendersi la libertà di criticare la politica, evitando l’esasperante dibattito “sei grillino / sei piddino”. Libertà dall’istituzionalizzazione cui è orientato il duo Grillo/Casaleggio e libertà dalla paralisi culturale imposta dalla crisi. Siamo al punto che più che conoscere le azioni del governo e del parlamento sui giornali leggiamo le agiografie dei ministri. Fosse accaduto durante il regno di Berlusconi si sarebbe urlato allo scandalo ogni 5 minuti.

C’è bisogno anche di libertà dalla retorica che la base dei partiti è sana e laboriosa e i vertici sono corrotti, o del sì ci ci sono dei ladri ma in mezzo a un oceano di onestà, basta metterli in galera e tutto torna a posto: mi sembra che abbiamo tutti dimenticato a cosa ci portò questo ragionamento subito dopo Tangentopoli.

Scriveva Umberto Saba:

Gli italiani sono l’unico popolo (credo) che abbiano, alla base della loro storia (o della loro leggenda), un fratricidio. Ed è solo col parricidio (uccisione del vecchio) che si inizia una rivoluzione.
Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli.

Quant’altra miseria, quante indagini e quanti arresti fra i politici e le forze dell’ordine, quanta repressione, quanto schiavismo sono necessari perché ci si riprenda una buona volta il diritto al dissenso?