#Politica e #crisi della rappresentanza

Quante volte abbiamo sentito ripetere il ritornello – a tratti isterico a tratti quasi ironico, di quell’ironia un po’ decadente – per cui la disaffezione delle persone rispetto alla politica, alle istituzioni e, in generale, ai processi pubblici di partecipazione collettiva? Condita con un pomposo gusto della soluzione a portata di mano, questo dilemma ormai stilizzato in una fantomatica contrapposizione etica, civica e morale tra società civile e casta politica diventa così un interessante spunto per analizzare, in estrema sintesi, un processo in cui ci troviamo – nostro malgrado – immersi e che non coinvolge solamente i meccanismi partecipativi italiani ma ha una sua netta rilevanza, sebbene in forme e contenuti di volta in volta variabili, in tanti altri Stati europei e non solo.

La crisi della rappresentanza politica assume proporzioni talmente vaste da diventare una vera e propria questione politica che la sinistra dovrebbe porre nella propria agenda con particolare impegno. La tradizionale forma partitica è ormai superata: su questo non sembrano esserci dubbi. Il punto su cui occorre concentrarci è il seguente: se scompare il partito per come esso è stato inteso nel corso del Novecento, che cosa resta?

Ed è così che si arriva a quel mito (e rito) collettivo del “partito leggero”. Che poi, a forza di essere leggero, rischia di diventare gassoso. O di rimanerci secco, vedi PD. In realtà la strada della fine dei partiti è ancora ben lungi dall’essere concretamente intrapresa, almeno in Italia. Si potrà certamente parlare di epoca post-ideologica, questo sì, ma credere alla favoletta che i partiti non possano più raggiungere alcun tipo di consenso nella società, questo è davvero difficile da sostenere.

Il cuore della discussione si sposta quindi su un altro fattore, cioè quello riguardante la struttura, l’organizzazione, la comunicazione, i processi partecipativi di partiti, movimenti e soggetti politici in generale. La fumosa strada intrapresa da vent’anni a questa parte in Italia pare quella della blind fidelity, la cieca fedeltà (che è qualcosa di diverso dalla semplice fiducia) nei confronti di un leader carismatico, urlatore, comunicatore, incisivo, fortemente mediatizzato (che sia tramite la tv commerciale o il web), del tutto privo di cultura politica, accentratore. E’ il caso, ovviamente, di Berlusconi ed è – con forme del tutto simili – ciò che è accaduto nella nascita e nello sviluppo del MoVimento 5 stelle di Beppe Grillo.

Questo processo di delega in bianco è, a dispetto dei falsi slogan inneggianti ad un processo iperdemocratico, che a ben vedere sfonda più che abbondantemente nell’oclocrazia qualunquista, non trova terreni fertili solo nel Bel Paese ma pare essere un fattore dilagante in Stati tradizionalmente di più antica cultura politica quali Francia e Gran Bretagna. La nascita e la crescita di movimenti (non partiti, attenzione) di carattere populista ha innescato un qualcosa di parzialmente imprevisto sia dagli osservatori tecnici sia dai rappresentanti dei partiti tradizionali. Il Front National in Francia e l’UKIP in Oltremanica rappresentano, in questo senso, un’innovazione da non trascurare nell’analisi dei flussi elettorali e culturali nell’Europa che si avvicina a grandi passi alle elezioni del 25-28 maggio 2014.

Troveremo, a questo punto, un blocco di centrodestra di partiti cristiano-conservatori, un blocco socialdemocratico fatto dai partiti che – in tutta Europa – stanno oggettivamente arretrando cedendo milioni di voti ai movimenti antieuropeisti, un terzo blocco-nicchia di partiti di sinistra radicale (a metà euroscettici a metà eurosognatori, perdonate il neologismo) e poi ci sarà un non-blocco proprio di partiti/movimenti destrutturati, a fortissima leadership carismatica, che cavalcheranno con prevedibile facilità l’ondata di indignazione anti-austerity.

Certo che l’austerità è una vergogna e un pantano, ci mancherebbe altro. Ma all’austerità tecnocratica si può porre rimedio solamente con soluzioni serie, meglio se non roboanti, concrete. Più Europa, un‘Europa diversa, concreta, delle opportunità. La sfida non deve fare paura, specie a Sinistra. Perchè la miopia di cedere ai facili qualunquismi porta solo alla distruzione della Sinistra stessa.