La 194 è una legge che si può non rispettare

Ultim’ora: La Corte Costituzionale ha dichiarato “manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge n. 194 sull’aborto” A difesa della legge l’avvocato Maria Gabriella Mancia. La 194 è quindi perfettamente concorde con la nostra Costituzione, ma c’è ancora molto da fare per tutelare i diritti delle donne e delle famiglie. Ah, e per la cronaca, i genitori della sedicenne di Spoleto accosentono all’aborto, il giudice Mario Rosario Morelli si prenda una bella vacanza…

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Metti che a 16 anni succede che resti incinta, vuoi abortire ma senza chiedere il consenso dei tuoi genitori. Vai in un consultorio e, onestamente, dici che non sei in grado di crescere un figlio, che ti stravolgerebbe l’esistenza. Dal consultorio finisci davanti al giudice, che se ne frega di prendere una decisione per il tuo caso e preferisce tirare su un polverone mediatico e legislativo sulla 194. D’altronde un attacco periodico dei vari pro-life, cattobigotti, fascisti (vecchi e nuovi) e moralizzatori vari noi donne ce lo aspettiamo, costantemente.

Secondo il giudice tutelare di Spoleto la legge 194, e in particolare l’articolo 4, è in contrasto con gli articoli 2 e 32 della nostra Costituzione:

Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Evidentemente la Costituzione, a nostra insaputa, tutela gli embrioni e i feti ma non le donne, della cui salute, fisica e mentale, non ci interessa. O crediamo che avere un figlio sia una cosa da Mulino Bianco, che non può avere effetti negativi?

Nella storia dell’umanità l’aborto è sempre esistito. Prima della legge 194 ci si buttava giù dalle scale, si usavano i ferri da calza, i cucchiai, il prezzemolo, il chinino, sui tavoli da cucina, esattamente dove si spennavano le galline e si tagliavano le verdure per il minestrone, mica nelle cliniche, con le pillole o l’anestesia: qualcuna abortiva, qualcun’altra, invece, moriva in un bagno di sangue. Le mammane ce le siamo dimenticate, troppo presto mi pare.

Nei consultori, grazie anche alle battaglie del prode Cota, è possibile trovare molti attivisti pro-life, che è un po’ come andare in un bordello e trovarci la propria moglie. In Italia, inoltre, il 70% dei medici è obiettore di coscienza, in alcune regioni si arriva al 90%. Uno studente che si iscrive a medicina (dopo il 1978), che si specializza in ginecologia o in anestesiologia e poi non pratica una misura sanitaria a tutela della donna, qual è la legge 194, ma che lo fa a fare il medico? Non è meglio iscriversi ad architettura, lettere antiche o specializzarsi in ortopedia? Quando si sceglie una professione la si sceglie in blocco, nel rispetto dell’etica ma anche della legge del Paese in cui la si pratica.

Apro una piccola parentesi scientifica: l’embrione è un organismo pluricellulare che messo nelle condizioni adatte si svilupperà in organismo adulto. A partire dal 60°-70° giorno dal concepimento si parla di feto. La biologia e la scienza dello sviluppo non ci dicono né mai ci diranno cosa e come deve essere tutelato, perché le definizioni biologiche di “vita” (è chiaro che un embrione è vivo: è un insieme di cellule) e di “essere umano” non coincidono col significato che  noi gli attribuiamo moralmente: questo giudizio spetta invece al legislatore e alla giurisprudenza, infatti proprio oggi si pronuncerà la Corte Costituzionale sull’istanza del giudice di Spoleto.

Grazie alla legge 194 le interruzioni volontarie di gravidanza sono costantemente in calo nel nostro Paese (“sempre troppe” secondo Famiglia Cristiana), mentre è preoccupante, a causa delle molteplici difficoltà ad accedere a strutture che pratichino regolarmente aborti a norma di legge, la situazione delle donne immigrate (dati OMS) in particolare per i casi di aborti clandestini. Credo abbia anche una certa rilevanza il dato secondo cui, a fronte di una media europea del 30-40%, in Italia meno del 13% dei bambini può frequentare un asilo nido. Le polemiche di questi giorni non fanno altro che rafforzare il dubbio che quanto sancito dalla nostra Costituzione stia cominciando a valere soltanto per gli embrioni.

Uno Stato che pretende di tutelare la famiglia tutelando il feto anziché prendendosi cura dei bambini, delle donne, delle famiglie, è uno Stato sottomesso al più becero bigottismo, che snatura il diritto alla salute trasformandolo in obbligo. Perché l’aborto, in molti casi, non è altro che una pezza messa al fallimento dello Stato di diritto. Solo che a rimetterci siamo noi donne, i nostri figli e i nostri compagni.