Cosa non convince del ddl Anticorruzione

  1. I Partiti hanno emendato il disegno di legge per poi proporre in modo bipartisan ordini del giorno che ripropongono sostanzialmente i contenuti emendati (vedi il caso della delega al governo, data fino al 2013 con un emendamento del pdl ma con l’obbligo di provvedervi quanto prima con un odg bipartisan)
  2. Si inserisce la possibilità che per i reati coinvolgenti la Pubblica Amministrazione possa richiedersi l’arbitrato anziché essere sottoposti al potere giudiziario. Cioè essere giudicati da un privato invece che da un potere pubblico.
  3. I pubblici impiegati coinvolti e condannati non potranno ricoprire il ruolo di dirigenti anche per sentenze di primo grado, mentre i politici solo per sentenze di condanna definitive, entrambi per un periodo troppo breve (se non erro 3 anni).    E se il pubblico impiegato corrotto non fosse un dirigente ma sia stato coinvolto in casi di corruzione da semplice quadro o impiegato? Nulla, resta al suo posto.    Perché la differenza di gradi? Si continua a propagandare di voler ottenere l’eguaglianza tra i cittadini e i politici e poi si continuano a creare trattamenti di maggior favore? Si proponga per entrambe le categorie lo stesso grado di giudizio! E poi, ha ragione Di Pietro nel chiedersi se un mafioso in primo grado è meno pericoloso di un mafioso in terzo grado.    Meglio sarebbe imporre per entrambi il primo grado e prevedere, nel caso di successiva assoluzione o proscioglimento, un eventuale risarcimento.
  4. Pur se condannati, manca la possibilità della confisca dei patrimoni illeciti percepiti dai politici
  5. si elimina la figura della concussione per induzione, la più ricorrente nel mondo di tangentopoli, introducendo una fattispecie di “induzione indebita” per la quale è colpevole sia il pubblico ufficiale sia il privato sull’idea falsata che il privato -poiché non costretto ma “indotto”- ha comunque un margine di scelta.    Come se fosse facile per un privato che si sia sentito dire “o assumi quell’uomo o ti faccio chiudere” (o simili “induzioni”) scegliere la cosa più giusta da fare

In ogni caso resta sempre il punto principale, ovvero che in un Paese normale un personaggio pubblico coinvolto in reati gravi si dimetterebbe e, se questa prassi fosse seguita anche in Italia, non avremmo bisogno di un disegno di legge partorito a stento dopo una lunghissima gestazione parlamentare.