L’Alzheimer non dimentica, lo Stato a volte sì

L’Alzheimer è una delle malattie con il costo sociale più alto. Nei Paesi avanzati per ogni paziente affetto da questa forma di demenza senile le famiglie spendono annualmente quasi 33 mila dollari, ben 55 mila euro in Italia (Rapporto ADI Alzheimer’s Desease International del 2011).

Quando Alois Alzheimer (1864-1915) iniziò a studiare il caso di Augusta D nel 1901 (la paziente morì 5 anni dopo) capì di trovarsi di fronte ad una forma di demenza mai presa in considerazione fino a quel momento. Nel 1906 a Tübingen non mostrò solamente il quadro clinico di Augusta ma anche i dati dell’autopsia, parlando di

scarsità di cellule nella corteccia cerebrale e ammassi di filamenti tra le cellule nervose

A un secolo esatto di distanza da quella conferenza le persone affette da questa forma di demenza senile erano 26.6 milioni, si stima che nel 2050 una persona su 85 sarà affetta dal morbo: io nel 2050 avrò 64 anni, questa malattia riguarderà anche me. Voi quanti anni avrete?

Oggi, purtroppo, non esiste nessuna cura. La ricerca comunque non si ferma: recentemente Cramer et al. hanno dimostrato che il beratoxene, molecola già nota per la cura di un linfoma della pelle, è in grado di invertire gli effetti neurodegenerativi del morbo nei topi: il farmaco è già in commercio, ma non è mai stato testato sui malati di Alzheimer e sarà necessario studiare accuratamente il processo di sperimentazione.

Nemmeno le cause dell’Alzheimer sono ancora note. Ultimamente si è parlato molto della correlazione (piuttosto controversa) tra alluminio e demenza. Se fosse vero è bene ricordare agli allarmisti delle pentole e della stagnola che l’alluminio presente nei cibi e nelle bevande dipende da dove e come questi vengono prodotti e che l’assorbimento a livello gastrointestinale è molto basso e dipende dalla forma chimica con cui lo si assume: è più assorbibile in presenza di acido citrico (quello che rende acido il limone) e acido ascorbico (vitamina C), le due forme con cui sembra anche arrivare al cervello, mentre dell’idrossido di alluminio usato come antiacido il nostro organismo ne assorbe meno dello 0.01%. Molto più probabilmente le cause del morbo di Alzheimer vanno cercate nei nostri geni, in particolare nella mutazione di quelli della proteina amiloide e della presenilina 1 e 2 (cromosomi 21, 14 e 1) che normalmente hanno anche una funzione di controllo della quantità di calcio nei neuroni.

Dove purtroppo la scienza ancora non arriva penso sia necessario intervenga largamente lo Stato Sociale (o Welfare, chiamatelo come vi pare).

Nella maggior parte dei casi chi si occupa del malato di Alzheimer è la famiglia, con conseguenze non solo economiche ma anche sociali e psicologiche, perché per quanto possiamo amare queste persone, stare con loro 24 ore su 24 non è facile ed è fastidiosamente ipocrita affermare il contrario. Se non si riceve un supporto adeguato la vita diventa durissima, talvolta un inferno e in un ambiente di questo tipo anche la malattia si aggrava. L’Alzheimer non solo fa perdere la memoria, ma anche le capacità di linguaggio, rende angosciosi, ansiosi e depressi, porta ad aggressività, paranoie e apatia.

Recentemente la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del comune di Carbonera (TV) che offriva assistenza a pagamento alla famiglia di una persona affetta dal morbo. La Cassazione ha stabilito che le famiglie dei malati non devono versare in nessun caso alcuna retta ai comuni di residenza o che ospitano le strutture sanitarie in cui sono ricoverati. I tagli alla Sanità Pubblica (precedenti al governo Monti il quale da parte sua non si è preoccupato di ritoccare al ribasso) sono andati però proprio a colpire l’assistenza sanitaria ai malati non autosufficienti, lo fanno notare in Piemonte, in Liguria, in Toscana, in tutta Italia.

La notizia è che il Ministro Fornero ha un piano, ma non vuole dirci quale: ci ha solo anticipato che stanno ridisegnando l’indicatore ISEE, il che, alla luce della sentenza della Cassazione ha davvero poco senso…

Non sempre concordo con Mario Calabresi ma martedì a Ballarò ha detto una cosa più che sensata, la cito a memoria:

Bisogna tagliare, questo è certo, ma a nessuno piace che si tagli nel proprio campo. La cultura no, perché è importante, salviamo questo teatro e poi quello ed è giusto. Poi mi arriva in redazione la notizia che tagliano l’assistenza ai disabili e io mi fermo un attimo e penso che sì, bisogna tagliare, e che preferisco taglino alla lirica piuttosto che ai disabili.