La Fiom chiede la revoca della firma Cgil del 28 giugno

La FIOM ha approvato con una schiacciante maggioranza (102 favorevoli nel comitato centrale, 27 contrari e 3 astenuti) un documento presentato dal segretario generale Landini con il quale si chiede alla Cgil di ritirare la firma apposta con CISL e UIL sull’accordo del 28 giungo su rappresentanza ed esigibilità dei contratti.

Cosa prevedeva l’accordo tra le sigle?

I lavoratori non sono chiamati a votare per gli accordi che li riguardano, basta che una (o più) organizzazione sindacale superi il 50%+1 della rappresentanza per permettere a quell’organizzazione (o a quell’insieme di sigle) di firmare accordi che diventano direttamente vincolanti per tutti i lavoratori. Con tale strumento si nega la democrazia sul posto di lavoro, uno dei pochi strumenti che un lavoratore ha a sua disposizione per rendere la sua condizione lavorativa migliore, non solo perché non si permette il voto del singolo ma anche perché in un attimo si fanno fuori le sigle minori, bastando un incontro di opinioni tra due soli sindacati per creare vincoli per tutti i lavoratori.

Altro punto di particolare importanza riguarda il diritto allo sciopero, che viene derogato per via di una “tregua” che automaticamente scatterebbe appena firmato il nuovo accordo, non importa se apprezzato o meno, una volta stretto l’accordo il lavoratore non ha a disposizione né il voto né tanto meno lo sciopero per far sentire le proprie critiche.

L’aspetto è ancora più grave dal punto di vista del principio, come spiega Gianni Rinaldini, per 8 anni da segretario generale della FIOM, dalla sua intervista rilasciata il 29 giugno per il Manifesto

“Non sottoporsi al voto e al giudizio dei lavoratori vuol dire affermare il concetto che i contratti sono proprietà delle organizzazioni sindacali, e non fanno capo all’espressione della volontà dei soggetti interessati. Non era mai avvenuto che la Cgil istituzionalizzasse in un accordo che questi sono validi senza il pronunciamento dei lavoratori.”

“Inoltre la Cgil non ha mai firmato limiti all’esercizio del diritto di sciopero. E mi domando: se si accettano questi criteri in una trattativa con le aziende private, non credo si possano affermare cose diverse nel corso di una trattativa interconfederale col governo. Penso che questa operazione sia il suicidio della Cgil.”

E così, come previsto da più parti (anche da un mio recente articolo), è ora parte della stessa CGIL a chiedere conto di quella firma apposta dalla Camusso, alla luce del grande successo dello sciopero di ieri, a cui (fino a prova contraria) han partecipato anche moltissimi lavoratori di Cisl e Uil e durante il quale (emblematico episodio di cui ci informa una nostra fonte) è stata bruciata in piazze una tessera cisl di un iscritto da 35 anni.