E’ solo una Questione di Merito

“Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.”
(Enrico Berlinguer)

Una società meritocratica è, per definizione, una società dinamica, che sa rompere le barriere fra le classi e combatte i privilegi. Nel suo celebre volume dato alle stampe nel 1958, The Rise of Meritocracy, Micheal Young, eminenza grigia del Labour Party inglese, sintetizzò in un’equazione le sue tesi sulla meritocrazia: I+E=M, dove I sta per Intelligence (quindi doti intellettuali), E sta per effort (e dunque per impegno personale), mentre M, Merit, è la risultante di queste due virtù.

Ma ben 10 anni prima di Young, il medesimo concetto veniva formulato nella Costituzione Italiana, all’art.34 della quale sta scritto: “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

Addirittura nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, firmata dai rivoluzionari francesi nel 1789, sta scritto all’art.6: “Tutti i cittadini sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici secondo la loro capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti.

In altre parole, la disuguaglianza è tollerabile solo quando è naturale (basata sulle doti e le abilità di ognuno), non politica (frutto di convenzioni sociali, che avvantaggiano pochi in ricchezze, onori, nobiltà e potere).

 Il Cambiamento di cui tutti parlano, quindi, si realizza quindi nella lotta per una nuova società fondata sulla giustizia sociale, sulle libertà personali, ma soprattutto fondata sul merito e non sulla cooptazione. Solo una società veramente meritocratica può abbattere le ingiustizie e dare a tutti le stesse possibilità per cambiare le proprie condizioni di vita: troppo spesso ai vertici di questa piramide sociale siedono personalità contorte che gestiscono la cosa pubblica senza un minimo di competenza, facendo un uso privato di risorse pubbliche.

Lo stesso Parlamento Italiano, come è noto, è eletto dal popolo solo formalmente, perché in realtà è nominato da ristrettissimi gruppi di persone, una trentina al massimo, che non sono altro che quelle “componenti organiche del Palazzo”, come diceva Pasolini, che assumono le vere decisioni che poi vengono ratificate nei luoghi formali del potere istituzionale.

Il vero Potere non è mai sulla pubblica piazza, il vero potere è osceno, nel senso latino del termine, cioè è dietro la scena, opera all’insaputa dei cittadini e pone le basi per una sua duratura stabilità.

Con la legge elettorale varata a colpi di maggioranza da Berlusconi nel 2005 per impedire al centrosinistra di vincere, gli elettori non possono più scegliere i propri rappresentanti, ma solo ratificare a scatola chiusa le scelte effettuate dall’alto: la limitazione del diritto di voto è una conseguenza della totale mancanza di rispetto dell’attuale classe dirigente nei confronti dei cittadini elettori, oltre a dimostrare come voglia limitarne l’azione di controllo democratico.

È stato definitivamente spezzato il rapporto con il territorio dei parlamentari, che non rispondono più al popolo sovrano, ma solo ai loro nominatori ai quali devono subordinarsi, se vogliono vedersi garantita l’elezione nella legislatura successiva: si è creato un muro di nebbia impenetrabile tra la società civile e la classe dirigente, una incomunicabilità tra i due mondi che porta ad esiti disastrosi anche sullo sviluppo civile, politico ed economico del Paese.

Insomma, il Parlamento non capisce quello che i cittadini vogliono e, anziché stringere anch’esso la cinghia, alimenta il fuoco della protesta e della sfiducia aumentandosi i privilegi, anziché abolirli, e continua a privare di diritti e servizi essenziali i cittadini che pagano le tasse.

Il fatto che la legge nazionale fosse stata approvata in modo totalmente illiberale dal centrodestra, non significa che i referenti del centrosinistra siano esenti da colpe: pochi sanno che nel 2003 la regione Toscana ha approvato una legge elettorale regionale proporzionale con liste bloccate e senza voto di preferenza; non parliamo poi della dura opposizione a Prodi nel 2006 e di molte anime del Pd nel 2008 per la preselezione attraverso primarie dei candidati alle elezioni nazionali.

Insomma, questa legge elettorale, criticata a destra e a sinistra, ma anche condivisa sia da destra che da sinistra, non ha fatto altro che estremizzare e rendere più evidente (e lecito) il sistema di cooptazione oligarchica che sta alla radice della formazione della classe politica e della sua conseguente degenerazione morale.

Anche le primarie, che sono uno strumento essenziale nella vita di ogni partito per permettere una libera competizione, ma soprattutto per spezzare il sistema oligarchico che impera nella società italiana, sono state snaturate dai partiti che dall’estero le hanno importate, trasformandole in elezioni plebiscitarie a favore del candidato della corrente più forte: da anni ormai i partiti e le loro correnti non sono più strumenti di dibattito plurale, ma assomigliano sempre di più a quote di un consiglio di amministrazione dell’azienda Potere.

L’intera architettura istituzionale disegnata dalla Costituzione, fondata sulla divisione e il bilanciamento dei poteri, sulla partecipazione popolare tramite i partiti, su forme di democrazia diretta e sul controllo della pubblica opinione, sta diventando sempre più un guscio vuoto, uccisa e violata da leggi sempre più sottili e machiavelliche ideate da questo consorzio di interessi parziali.

Il nuovo sistema oligarchico (che sembra tanto ricordare le nomine octroyè del Parlamento concesse dai sovrani assoluti prima delle rivoluzioni borghesi) replica il peggio della partitocrazia e della correntocrazia della Prima Repubblica, in quanto la fine delle ideologie, il tramonto delle culture del Novecento, la fine dell’economia industriale hanno disarticolato quelle identità collettive aggreganti del corpo sociale che in passato consentivano una partecipazione di base autentica, reale, libera, appassionata.

L’abolizione della selezione per meriti sostituita da quella per cooptazione e per fedeltà sta creando una società di sudditi, cortigiani e giullari che va a comporre quel ceto di serie A di circa 500.000 persone che hanno trovato nella politica la scala mobile dell’ascensione sociale ed economica (garantita mediante l’occupazione e la lottizzazione dei gangli vitali della società civile, come la Rai, gli ospedali e le municipalizzate).

L’uccisione della meritocrazia è l’unico modo per impedire qualsiasi riscatto ai poveri e ai sottomessi, creando sempre più masse di diseredati, disoccupati e disgraziati contrapposte ad elite di baroni ricchissimi. Qualcuno dice che sono finiti i tempi della lotta di classe: ma le classi continueranno ad esistere finché perdureranno clientelismo, cooptazione e familismo amorale.

E quel che è peggio è che al vertice della piramide economico-finanziaria, strettamente legata a quella politica, vi sono non solo imprenditori capaci che rischiano e accrescono la ricchezza del Paese, ma anche e soprattutto stuoli di esponenti di quel capitalismo irresponsabile senza meriti e senza limiti legali, sociali ed etici che ha causato la gravissima crisi finanziaria contemporanea: per anni questi signori hanno chiesto deregulation alla politica per portare avanti i propri interessi personali a discapito dei cittadini, e ora invece chiedono (e ottengono) l’intervento dello Stato (quindi i soldi dei cittadini che hanno frodato) per rimediare ai propri disastri e ai propri crimini.

Negli ultimi dieci anni i profitti delle imprese sono cresciuti dell’87%, i salari solo del 13, mentre lo scarto tra lo stipendio dei massimi dirigenti e i loro dipendenti è di uno a quattrocento. Incredibile se si pensa che appena 20 anni fa era uno a quaranta e oggi in Italia ci sono i salari più bassi d’Europa.

L’OCSE ha disegnato un paese dove i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sono sempre più ricchi: con che coraggio certi signori della destra parlano di sacrifici per i lavoratori, quando essi stessi non hanno diminuito di un euro la propria busta paga, visto e considerato che le sole stock option (il premio assegnato ai manager che hanno aumentato il valore in soldi in dividendi delle società) è salito nel 2007 a 500 milioni di euro?

Molti affermano che questa classe dirigente rispecchia la società civile che la vota. Benissimo. Ma è anche vero che ogni popolo è ciò che la sua classe dirigente lo fa essere: è la classe dirigente che dirige la formazione della pubblica opinione, organizza il sapere sociale, seleziona la memoria collettiva, costruisce la tavola dei valori, imponendo dall’alto modelli negativi e positivi.

Come diceva Pasolini, le culture popolari autentiche, quelle che nascevano nelle campagne e nei quartieri popolari, sono state sostituite dall’omologazione di massa pilotata dal grande capitale e da una classe dirigente che, soprattutto con le televisioni, informa e forma l’opinione pubblica, infarcendola di tristi luoghi comuni e di spazzatura culturale.

Io sono stufo e stanco di essere stanco e stufo di vivere in una società dove il figlio di papà prevale sul figlio di nessuno semplicemente perchè nel primo caso i soldi sono tanti e le raccomandazioni indecentemente pubbliche; sono stanco e stufo di essere insultato da ragazzini viziati dal denaro dei genitori che ti sbattono in faccia con arroganza e prepotenza la loro incapacità e il loro demerito, affermando che “tu non sei nessuno né mai lo sarai perchè sei figlio di nessuno.” O che: “il mio padrino è un industriale, il tuo un pezzente.” (per la cronaca, mio padre finché era in vita ha sempre camminato a testa alta perché era un uomo perbene e onesto, e il mio padrino è un meccanico che si suda lo stipendio tutte le mattine da quando è nato, e sono fiero e orgoglioso di essere figlio del primo e figlioccio del secondo).

E’ solo una questione di Merito. Anche se, a volte, basterebbe un po’ di buona educazione e di civiltà, nonché pulizia morale. Chiedo troppo, lo so, ma la pseranza è sempre l’ultima a morire.