La #Palestina è uno Stato: Israele se ne faccia una ragione

Il 2 Dicembre scorso, il Parlamento francese ha votato,  con  339 voti favorevoli, 151 contrari e 16 astenuti, una mozione per chiedere al governo francese di riconoscere lo Stato di Palestina. Il 30 Ottobre la Svezia è stato il primo governo UE a riconoscerlo. A seguire, anche Regno Unito, Spagna e Irlanda hanno approvato mozioni che chiedono ai rispettivi governi il riconoscimento. Certo, sono mozioni non vincolanti, voti simbolici. Ma che hanno il pregio di smuovere l’opinione pubblica e riportare al centro dell’attenzione la situazione palestinese.  

E a giudicare dalle parole dell’ambasciata israeliana a Parigi è una cosa che dà molto fastidio: “Questo voto allontana la possibilità di arrivare ad un accordo di pace”. Certo, sentir dire queste parole dagli israeliani potrebbe sembrare ironico o sarcastico. Ad alcuni potrebbe scappare un sorriso, pensando: ‘parlano proprio loro’. Già, potrebbe sembrare ironico e potrebbe scappare un sorriso se solo non ci fossero milioni di morti palestinesi. Se solo non ci fossero milioni di profughi che hanno dovuto lasciare le proprie e non hanno potuto più farvi ritorno.

Ma quale pace può mai essere giusta per i palestinesi, se la storia ha nascosto crimini terribili? David Ben Gurion, uno dei padri fondatori di Israele, già nel 1938 (ben prima della fondazione dello Stato di Israele nel 1948), diceva di fronte all’esecutivo dell’agenzia ebraica: “Sono favorevole al trasferimento forzato: non ci vedo nulla di immorale”. Di quale pace parla Israele, se il 10 Marzo 1948, da undici persone tra cui dirigenti sionisti e giovani militari, a Tel Aviv fu messo a punto il piano Dalet, un’operazione di pulizia etnica in piena regola? Il piano Dalet conteneva un elenco con relativa descrizione dei metodi che le unità sul campo dovevano usare per cacciare via i palestinesi: incendi di case , assedio e bombardamento di villaggi, intimidazioni, demolizioni. E, infine, per essere certi che non tornassero, venivano messe delle mine tra le macerie. Di quale pace parla Israele?

Di quale pace parla l’Occidente? Se ha chiuso gli occhi e ha accettato la folle versione israeliana, secondo cui, in soli sei mesi, circa la metà della popolazione palestinese, 800.000 persone, ha abbandonato spontaneamente le proprie case e i propri averi e, spesso, anche i propri cari in fosse comuni? Già, fosse comuni. Come quelle in cui sono stati gettati 37 giovani ragazzi. Cito, a riguardo, un passo di un libro molto illuminante, ‘La pulizia etnica della Palestina’ di Ilan Pappè:

“Yusuf Ahmad Hajjar disse a chi l’aveva catturato che lui, come gli altri, si era arreso quindi ‘si aspettava di essere trattato con umanità’. Il comandante del Palmach (sezione dell’Haganah, organizzazione paramilitare ebraica) lo schiaffeggiò e poi gli ordinò come punizione di scegliere a caso trentasette ragazzi giovanissimi. Mentre il resto degli abitanti veniva spinto a forza nel magazzino della moschea, i ragazzi, con le mani legate dietro alla schiena, vennero uccisi”.

Che pace può mai essere costruita se si ignorano atrocità come la contaminazione dell’acquedotto di Atri con microbi del tifo, e i numerosi stupri?

Ecco, se il riconoscimento dello Stato di Palestina serve a riportare tutto questo alla luce, ben venga, anche se fatto attraverso mozioni non vincolanti e si tratta solo di un voto simbolico. E cosa aspetta l’Italia a riconoscere la Palestina? Perché stiamo parlando di crimini contro l’umanità che finora non hanno avuto nessun colpevole, ma solo tanti eroi. Ma la domanda rimane sempre la stessa: Di quale pace parla l’Occidente? Di quale pace parla Israele?