L’alternativa c’è e si chiama Islanda

Aiuto, aiuto, gli speculatori finanziari internazionali hanno preso di mira l’Italia e rischiamo di fare la fine della Grecia. Aiuto, aiuto, i conti pubblici sono al collasso e serve una manovra correttiva da quasi 50 miliardi di euro tutta lacrime e sangue e con 17 miliardi di nuove tasse. Aiuto, aiuto, Silvio non parla a Mirabello per evitare reazioni economiche alla sua ennesima sconfitta, stavolta in campo giudiziario-economico. Aiuto, aiuto, aboliamo le intercettazioni che scovano le cricche e facciamo un bell’inciucio sulla giustizia non per risolvere la Questione Morale, ma per evitare che se ne possa parlare mai più.

Insomma, di allarme in allarme, la musica è sempre la stessa: chi paga sono sempre i cittadini governati, mai i politici governanti e i loro amici dell’economia che li finanziano. Solo che per far pagare al popolo sovrano i costi dell’ideologia dominante (il capitalismo ultra-liberista) solitamente 1) le classi dominanti fanno almeno finta di dare l’esempio, sforbiciando dalla lista dei privilegi quelli più evidenti, 2) devono avere una credibilità tale da non mettere in crisi il sistema politico (che in Italia dovrebbe essere democratico). Questo è il fulcro anche della Questione Morale: non il fatto che ci siano corrotti e concussori nelle alte sfere della politica e della pubblica amministrazione, magari collusi con le cosche, quanto il fatto che la loro presenza mina la credibilità delle istituzioni e mette a rischio il sistema democratico. E sull’uso privato di risorse pubbliche ci campano poi quelli che la democrazia la vogliono distruggere. Ma ancora non ci sono arrivati, lassù, c’è bisogno di un bel repulisti da parte della magistratura, come al solito, la quale si trova nella scomoda posizione di dover “far pulizia” nella politica, nell’economia (e nella stessa magistratura) perché a nessuno viene in mente di tener lontani impresentabili che si sa benissimo cosa fanno e, soprattutto, con chi lo fanno.

Ma aldilà di questo, poi se il popolo affamato da una classe dirigente di inetti si infuria, accade l’impossibile. Accade l’Islanda, per esempio. Dove, nel silenzio assoluto dei media, c’è stata una vera e propria rivoluzione dal basso: le proteste di piazza a Reykjavìk hanno avuto gli effetti eclatanti di far dimettere il governo al completo (il nostro nemmeno di fronte a milioni di persone in piazza ha fatto una cosa del genere) e di far nazionalizzare le principali banche commerciali, rifiutando il pagamento del debito sovrano.

Il tutto è raccontato in un documentario, God Bless Iceland (Dio Benedica l’Islanda). Ma i media non ne parlano. E come potrebbero? Se si venisse a sapere che in un Paese occidentale come l’Islanda, dopo il crac finanziario, è stato indetto un referendum popolare dove il 93% ha deciso di non pagare i debiti delle banche, vi immaginereste le reazioni non solo dei cittadini italiani, ma soprattutto dei cittadini di tutto il mondo? Giusto, ora qualche mio amico economista in Bocconi verrebbe a chiedermi, con aria di sfida: e chi paga? Ovvio, chi ha fatto danni, ovvero i banchieri responsabili della debacle economico-finanziaria, per i quali sono stati spiccati mandati di cattura internazionali per fargli pagare tutto fino all’ultimo centesimo.

Pura fantascienza, direte voi. Qualche repubblicano direbbe “puro socialismo“. Intanto gli Islandesi si stanno riscrivendo la Costituzione, forti forse anche del fatto che non sono tantissimi in quel Paese (nemmeno 310mila persone), usando facebook e twitter per proporre idee dal basso.

Questo processo, denominato crowdsourcing, unisce le potenzialità della Rete con la partecipazione di una cittadinanza attiva, ed è rivoluzionario in tutti i sensi, perché permette ai cittadini di stare con il fiato sul collo ai propri governanti, che se non fanno bene, pagano i propri errori, fino all’ultimo. Qui in Italia forse sarebbe impraticabile per ragioni anzitutto culturali (c’è la tendenza a sgravarsi delle responsabilità della libertà e si preferisce delegare ai santi uomini della Provvidenza la risoluzione dei problemi, fregandosene del bene collettivo e pensando per 5 anni ai fatti propri, salvo quando i loro interessi vengono toccati dai danni di quelli che prima idolatravano).

Intanto però c’è. Perché il debito pubblico di 1800 miliardi di euro dovremmo pagarlo noi cittadini? Lo pagassero i politici che negli anni ’80 lo hanno prodotto. Noi, di tirare la cinghia, ci siamo sinceramente stancati.


56 commenti su “L’alternativa c’è e si chiama Islanda”

  1. È un esercizio molto saggio comparare un paese di 400mila anime, che non fa parte dall’UE, col 3° indice di sviluppo umano al mondo e diventato indipendente solo nel 1944, con un paese di 60 milioni di abitanti, di 150 anni d’età, membro fondatore dell’UE e dell’Eurozona, con il 23° indice di sviluppo umano e una forte sperequazione sociale ed economica. Complimenti.

  2. in Italia succederà esattamente il contrario: sarranno le banche a far mettere in galera i cittadini italiani; perchè siamo un popolo di cotardi, aspettiamo che la lotta per la nostra stessa sopravvivenaza ce la verranno a fare gli altri cittadini di altri stati. VERGOGNIAMOCI.

  3. ..qui non riusciamo neanche ad arrestare i parlamentari mafiosi..anzi sono protetti!

  4. Non sono d’accordo con te! la democrazia è essere che deve essere curato e la cura non è il disinteressa ma la partecipazione il populismo e i governi dittatoriali pullulano dove c’è il disinteresse da parte dei cittadini alla vita politica

  5. in italia la situazione e’ grave ma nn seria diceva flaiano….il paragone regge ..solo che noi abbiamo una stupida cultura da stadio se fossimo interessati alle stesse cose forse qualcosa si potrebbe fare ..pero’ tutti fuori destra sinistra e centro tutti sono coinvolti

  6. e se in mezzo a questi ladroni ci fossero anche alcuni dei nostri governanti?

  7. staniamo i signori che muovono quelle leve lì? Gli togliamo quanto serve a far continuare a vivere loro e a far vivere meglio tutti gli altri? daaaiiii…..

  8. Per quanto sia sempre a favore della galera per i politici, il paragone è semplicistico e inutile. Tra l’altro in italia ad avere problemi non sono le banche, ma lo stato. E lo stato, purtroppo, siamo noi…

  9. In Italia ad aver problemi è lo Stato perché 30 anni fa qualcuno salvava le banche degli amici piduisti e usava lo Stato come un bancomat, Fealoro… lo chiamavano modello di sviluppo “Fabbrica Italia” (copyright Craxi), ma quello socio-culturale era la Milano da Bere. Negli ultimi 30 anni si sono bevuti anche l’Italia, questo è il problema. P.S. nella chiosa dell’articolo sono anche spiegate le ragioni per cui in Italia una cosa del genere è a rischio fallimento… EB.IT STAFF

  10. ribadisco che se cominciamo a togliergli i soldi noi possiamo ricominciare a trattare. Diversamente non siamo niente. Il semplicismo è una invenzione dei burocrati e non c’è più spazio per queste perdite di tempo. La ricetta è semplice: non si guadagna più stando seduti sulla poltrona o peggio manovrando cani da esecuzione da barche ormeggiate al sole piene di mignotte. più chiaro e preciso ora?

  11. e questo deve fermarci o pensi sia un motivo in più per continuare? c’è tanta gente che è ancora attaccata agli anni 80… il mondo è cambiato signori. e quella cultura deve andarsene. nel giro di pochi anni anche.

  12. giusto, che paghino questa massa di farabutti la crisi,nazionalizziamo le banche,le compagnie petrolifere e le assicurazioni auto.basta con questi bastardi …

  13. pensate che bello se si riuscisse a fare ciò in tutto il mondo occidentale, quello dove le banche comandano!!!!! Invece pare che ci tocchi l’ennesima purga, e zitti, perché altrimenti facciamo la fine dei Greci: è questo che ci dicono, no?

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