Basta una legge contro il femminicidio?

Gli omicidi che hanno purtroppo come vittime le donne sono passati dai resoconti di cronaca nera a far parte di un fenomeno vero e proprio, il femminicidio.

Non dovrebbe essere necessario, ma premetto che anche un solo omicidio è orribile e deprecabile. Però, come diceva l’altrettanto orribile Stalin, un milione di morti sono statistica.

Di conseguenza, quando si definisce un fenomeno o s’individua un’emergenza, significa che sotto c’è una statistica anomala. Per intenderci, se muoiono due ebrei non ci faccio caso, se ne muoiono sei milioni mi viene il dubbio che dietro ci sia un genocidio.

Un’affermazione che si ripeteva spesso, soprattutto in televisione, era che l’omicidio era la prima causa di morte per le donne in Italia. Sul sito del Ministero della Sanità si legge:

Tra le donne invece, come già osservato da tempo, le malattie cardiovascolari si confermano principale causa di morte con 126.531 decessi su 296.366 (43%), mentre i tumori, responsabili di 74.767 decessi (25%), rappresentano la seconda grande causa di decesso.

Guardando i dati ISTAT del 2011 gli omicidi sono stati in totale 550, ben al di sotto della media UE e con un trend discendente nel decennio. 137 di questi hanno per vittima una donna. Nel 2012 appaiono addirittura in leggero calo, varie fonti sul web parlano di circa 100 donne uccise, al massimo 118.

L’analisi del trend serve a non lasciarci ingannare, se è vero che il rapporto donne/uomini vittime di omicidio è aumentato è vero che però entrambi i termini sono in diminuzione. Sembra una considerazione capziosa e invece è fondamentale per rigirare l’informazione in una direzione piuttosto che in un’altra: dire che “vengono uccise più donne” è falso, dire che “vengono uccise più donne che uomini” anche, l’affermazione vera è che “il rapporto donne/uomini uccisi è in aumento”.

Detto così di emergenza femminicidio non c’è traccia. Proviamo quindi ad indagare almeno sui moventi dei 137 omicidi. Questo perché vogliamo considerare che il femminicidio non sia, come accade con l’infanticidio e l’uxoricidio, legato esclusivamente alla natura della vittima, ma piuttosto, come per omicidi e aggressioni di matrice razzista, legato a una motivazione che fa riferimento al ruolo sociale della donna. In questo modo possiamo escludere crimini come la cosiddetta “strage di Erba” (2006) in cui morì la povera Raffaella Castagna (e il figlio) per mano dei vicini di casa o quello della signora Viviana Ferrari che probabilmente ha trovato la morte a seguito di una rapina.

Secondo Casa delle Donne, che ricava i dati dalle notizie di cronaca (effettivamente i dati ISTAT e del Ministero in questo senso scarseggiano), solo l’1% di questi omicidi è avvenuto per mano di uno sconosciuto, mentre al primo posto troviamo i mariti (33%). Certo l’interpretazione del dato non è così semplice.  Come detto dobbiamo per forza guardare ai moventi (a pag.12 del documento).

Il 34% degli omicidi è ascrivibile ai cosiddetti motivi passionali (pessima definizione, ma così capiamo di cosa stiamo parlando), escludendo poi i motivi economici che possono essere ambigui (7%), le altre cause rappresentano più della metà del totale.

Secondo le autrici del documento

La ricerca del movente a nostro parere, risponde a un bisogno di dare una spiegazione all’odio esercitato dall’uomo nei confronti della donna, che è un bisogno di comprensione sicuramente umano, ma che ci può portare alla distorsione e alla  mistificazione della realtà.

Mi pare che questa analisi abbia un vizio di fondo. Il movente serve a misurare la gravità dell’omicidio e nel caso a dargli una connotazione razzista, omofoba o femminicida. Se infatti dovessimo porre un’aggravante solo in base al sesso della vittima si creerebbe immediatamente una discriminazione (che ci è vietata dalla Costituzione innanzitutto), perché la vita di un uomo avrebbe legalmente meno valore di quella di una donna.

Allo stesso modo uccidere un nero non è razzista in sé, lo è solo se il movente è razzista; e vale anche il contrario, ovvero se un nero uccide un bianco perché odia i bianchi si parla comunque di discriminazione razziale. L’omofobia, ad esempio, è in realtà una discriminazione in base ai gusti sessuali e con una legge corretta diverrebbe altrettanto grave il caso in cui un omosessuale aggredisce un eterosessuale con intento discriminatorio. Naturalmente se i due si picchiano per un parcheggio dei loro gusti sessuali in tribunale non se ne farebbero nulla.

L’ultima cosa che ci manca è un confronto con gli altri Paesi, e mi fermerei all’Unione Europea per cercare di ridurre al minimo le differenze culturali, economiche e sociali. Secondo i dati Eurostat, almeno per quanto riguarda gli omicidi, l’Italia è tra i Paesi più sicuri (statisticamente) per le donne, con una media di vittime di sesso femminile inferiore alla media, oltre che prossimo al fondo della classifica.

Questa breve ricerca non vuole sminuire l’importanza delle donne vittime di violenza né si propone di rendere più lieve il dolore provocato dalla morte violenta di una figlia, una madre, un’amica o una parente.

Quello che ho voluto dimostrare è che è molto facile creare un caso mediatico interpretando dati e parole in modo acritico, anche in base alla semplice emotività suscitata da un fatto di cronaca grave e ingiusto. Quindi siamo in emergenza femmicidio? No. Esiste una discriminazione di genere che sfocia in violenza? Sì.*

Purtroppo anche riuscendo ad estirpare tutte le discriminazioni (vere) di questo mondo non credo riusciremo ad azzerare la criminalità e la violenza ed è molto probabile che il numero di omicidi di donne resti vicino a quello odierno ancora per qualche decennio (si parla cioè di fenomeno endemico, non epidemico). Però possiamo aggiustare il tiro della giustizia (l’incertezza della pena e un eccesso di garantismo sono certamente problemi su cui è bene riflettere) e munirci di strumenti di difesa sia culturali che pratici per tentare una sacrosanta riduzione ai minimi termini del femminicidio.

Come detto all’inizio più di metà delle donne muore a causa di un tumore o di una malattia cardiovascolare. L’Italia spende per la prevenzione meno di tutti i Paesi UE e, pur con un trend in crescita, spende per la ricerca meno rispetto alla media europea. Ma a quanto pare questi dati non costituiscono un’emergenza sociale e non meritano l’attenzione dei maggiori quotidiani nazionali quando si parla di donne.

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*Definire sessista un omicidio è molto più difficile di quanto ci abbiano abituato a credere. Due esempi di cronaca che potrebbero metterci in crisi:
– Donna uccide il marito al culmine di una lite, forse alla base del delitto i problemi di salute della donna (La Nuova Ferrara)
– Donna uccide la convivente, forse per gelosia (TGcom24)