Il Leviatano si combatte con lo studio della storia

Non so se a voi sia mai capitato di studiare bene una materia, un argomento, un manuale, poi superare la prova e nel giro di pochi giorni mettere nel “dimenticatoio” della memoria tutto l’insieme di nozioni, di date, di parole e di nomi. Non è possibile conservare tutto ciò che si apprende, ma talvolta capita che in seguito riaffiorino ricordi, e questo avviene mentre magari stai pensando ad altro ed all’improvviso, a distanza di molto tempo ecco affacciarsi alla mente un elemento che di colpo ti riporta indietro di anni.

A me è successo pochi giorni fa quando per caso mi è sobbalzata alla mente una frase che ricorreva negli studi fatti ai tempi delle superiori e dell’università: “legibus solutus”. Slegato, sciolto dalle leggi, in poche parole libero di fare ciò che gli pare. Il sovrano, essendo al di sopra della legge è lui stesso la legge, il monarca assoluto, quale fu ad esempio Luigi XIV non aveva da rendere conto a nessuno di ciò che faceva, tanto meno al popolo formato da sudditi.

Mi potreste obiettare che sto trattando un argomento che non c’entra con l’attualità…. e che stia andando “fuori tema”.

Ma siete sicuri?

Io credo proprio di no e vi rispondo dicendo che le teorie di alcuni importanti personaggi della fine del 1500 come il filosofo e giurista francese Jean Bodin, o l’inglese Thomas Hobbes, tanto per citarne un paio, alla luce degli avvenimenti che costellano la vita politico-giudiziaria italiana dovrebbero essere rilette e prese seriamente sul serio.

Se il popolo italiano si documentasse un po’ di più sulla storia, se i nostri occhi non fossero così spesso foderati dalle fette di prosciutto della televisione, magari ci si accorgerebbe che certe vicende nella storia si sono già verificate, che l’immunità del re è stata per secoli una cosa naturale ed indiscutibile.

La scuola pubblica, quella che il Presidente del consiglio tanto denigra, dovrebbe accanto all’importante compito dell’educazione e dell’istruzione assolverne un altro fondamentale: quello di insegnare ai ragazzi la storia. Insegnare la storia però non per far loro imparare a mente una data o un nome di una battaglia, ma per renderli consapevoli che gli errori umani passati non possono e non devono essere commessi in futuro, per far capire loro l’importanza delle conquiste che l’uomo ha ottenuto nel corso dei secoli. Leggere il presente con la mente tesa verso il passato, questo è l’esercizio da fare; mai abbassare la guardia prima che sia troppo tardi, anche perché per fortuna la storia non si può cancellare e come dice una stupenda canzone di De Gregori “la storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano”.

Se davvero i ragazzi studiassero bene la storia non potrebbero mai accettare che nel 2011 in una Repubblica parlamentare come quella italiana, in una democrazia moderna con voto popolare a suffragio universale, vi sia chi furbescamente stia immunizzando “il sovrano” (per ora a tempo determinato) né più né meno di quanto avveniva nelle monarchie assolute. Fatevi anche voi riaffiorare per un attimo alla mente queste due parole: “legibus solutus”; non rispondere alla legge, essere al di sopra della legge, e se la legge non piace cambiare la legge, prendersela con chi la deve applicare, far passare i giudici per sovvertitori dello stato democratico. E’ questo che vogliamo?

Se ancora oggi c’è qualcuno che accetta il principio secondo cui il sovrano è al di sopra della legge, beh… in questo caso c’è poco da dire, se non ammettere che ciò equivale a rinnegare in modo palese le sanguinose lotte fatte da chi è morto per la conquista della libertà e per l’affermazione della democrazia.

Ma davvero il popolo italiano, vuole questo? Mi chiedo come sia possibile che vi siano così tante persone che ammettono il principio del sovrano “legibus solutus”…. e non trovo risposta, se non consolandomi nella speranza che la storia sia talmente forte da vincere l’ipocrisia del moderno “Leviatano”. “La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, nunzia dell’antichità”; se l’aveva intuito Cicerone che affermava ciò nel “De oratore” ben duemila anni fa, è così difficile capirlo oggi?