L’amico che non è caduto

Sic Transit Gloria Putin

A gennaio del 2011 cadde il primo degli amici, il tunisino Ben Ali; a febbraio, in Egitto, fu la volta di Mubarak, che era un buon amico, tanto da lasciare nelle mani del Presidente del Consiglio italiano i destini di una sua nipote; ottobre ha visto la tragica fine di uno dei migliori amici, quel Gheddafi degno di baciamano e postribolo a Villa Borghese; a novembre è caduto il migliore amico di Berlusconi: se stesso.

Ma c’è un amico che non è caduto, un compagno d’affari, un confidente, un sodale così vicino da omaggiare il nostro ex Presidente del Consiglio del miglior «lettone» da notte brava che si potesse desiderare. La notizia è che Wladimir Putin è tornato ad essere ciò che solo la prassi costituzionale di un Paese malandato gli aveva impedito di essere negli ultimi quattro anni: il Presidente della Russia. Lontano dalle facili ironie sull’eventualità che l’ex spia del Kgb si sia augurato di non partecipare alle triste sorte di tutti gli amici di Berlusconi, il responso delle urne delle ultime presidenziali russe sembra inequivocabile: Putin ha ottenuto il 63,9% dei consensi; il Partito Comunista di Ghennadi Ziuganov ha raccolto il 17,1% dei voti; la formazione del miliardario Mikhail Prokhorov si è attestata al 6,9%; mentre il populista di destra Vladimir Zhirinovski si è fermato al 6,7%.

Soltanto ieri mattina, il risultato non sembrava affatto scontato, viste le proteste della vigilia che avevano minato le certezze del potere costituito. Le urne hanno riconsegnato a Putin un Paese attraversato da turbolenze democratiche, che comunque faticano ad organizzarsi in un movimento strutturato ed efficace. Le forze politiche non sono i pilastri della protesta: i comunisti di Ziuganov non offrono garanzie di alternativa credibili (si osservino gli elementi di ortodossia nella proposta politica del partito); Prokhorov sembra essere uno dei pochi magnati scontentati dalla politica di Putin. I veri motori del “movimento democratico” sono singoli personaggi in grado di coaugulare opinioni e di veicolare il diffuso disagio sociale verso forme esplicite di organizzazione e di rivendicazione. La repressione di stato è diretta proprio a colpire queste figure simboliche: nel corso delle prime manifestazioni sono già stati arrestati l’attivista ambientalista Yevgenia Chirikova, lo scrittore Eduard Limonv e il blogger Alexey Navalnyi, considerato il simbolo della protesta contro il controllo della stampa e dell’informazione russa operato dal regime.

Ma la competizione elettorale si sarebbe svolta nella massima regolarità e, parola di Zar, sarebbe stata una «battaglia onesta». In queste occasioni, l’uso del condizionale è d’obbligo, perchè l’opposizione sta già denunciando brogli, mentre spuntano video e testimonianze che non lasciano spazio a dubbi.

Cosa è la Russia del 2012? E cosa sarà la Russia del nuovo regno dello Zar eterno? Non è avventato sostenere che la Russia sia un paese lontano dalla democrazia, un sistema autoritario e reazionario. Colui che negli ultimi quindici anni ha fatto di Mosca il proprio fortino personale, colui che stringe il cappio al collo della libera informazione, colui che perseguita e reprime il dissenso interno, governerà la più grande oligarchia al mondo. Il potere in Russia si regge sull’interesse di pochi miliardari che, accusati di corruzione e di collusione con le organizzazioni criminali, hanno realizzato una sorta di federalismo di fatto, in base al quale le regioni periferiche sarebbero feudi semi-autonomi di un unico grande impero guidato dallo Zar della capitale. L’impero fondato sugli affari e sui profitti del gas e delle risorse estrattive di territori come la Cecenia e il Daghestan, che finanzia, fra le tante attività, alcune squadre di calcio del continente.

Le oligarchie autoritarie sono regimi autoconservativi, che si reggono sulla manipolazione dell’informazione e sul controllo economico e sociale. L’esigenza di salvaguardare lo status quo russo ha innescato, negli anni, un meccanismo di repressione del dissenso che ha colpito tanto singoli personaggi scomodi, quanto intere popolazioni. Oggi Putin impiega truppe cecene per sedare le manifestazioni di piazza, dopo aver assoggettato la repubblica caucasica al controllo dell’amico generale Ramzan Kadyrov, responsabile di massacri e stupri di massa.

La Russia di Putin, la nuova Russia dello «Zar dagli occhi di ghiaccio», è destinata ad essere il Paese che abbiamo visto all’opera negli ultimi quindici anni, spietato con gli oppositori interni e mosso dalla salvaguardia delle proprie posizioni di rendita in politica internazionale (vedi Iran e, soprattutto, Siria). In questo scenario, la protesta e il cambiamento rappresentano rispettivamente una testimonianza di valore e una speranza oggi distrutta dal risultato elettorale. L’amico che non è caduto mostra i muscoli e si commuove per la vittoria che gli ha restitituito ciò che, comunque, era già suo.


21 commenti su “L’amico che non è caduto”

  1. informazione omologata all’impero…. putin ha molte lacune ma ha ridato dignità alla russia e ha fatto riforme sociali importanti, poi sulle questioni di politica estera porta avanti un modello di mondo multipolare e fa opposiazione al dominio nato

  2. A fiducia, se è amico di berlusconi, è un delinquente di sicuro!

  3. Amedeo opporsi alle guerre imperialiste non implica appoggiare i peggiori dittatori.

  4. Quoto Amedeo. Questo è un articolo pessimo, indegno per un sito che si richiama a Berlinguer che era un comunista, non un banale riformista. Come si fa a paragonare Putin con Ben Ali e Mubarak che hanno svenduto il proprio paese all’imperialismo? E da che pulpito potete criticare il Partito Comunista della Federazione Russa, quando la sinistra italiana non mi pare sia nelle condizioni di offrire alternative migliori?

  5. Non vorrei esprimermi sulle opinioni degli altri, ma sono stato tirato in ballo in quanto autore dell’articolo. Quindi vorrei precisare alcune cose: 1) Credo che la sinistra debba occuparsi della condizione materiale delle persone, in tutto il mondo. Ciò implica anche chiedersi se e come vengono rispettati i diritti civili in un determinato paese. In Russia mi sembra che le cose vadano male: i giornalisti sono zittiti, se non repressi; gli intellettuali sono perseguitati; le iniziative democratiche sono spente sul nascere. 2) Non credo affatto nella tesi che definisce Putin come un protagonista della lotta all’imperialismo americano: si vada a vedere cosa sta accadendo in Siria, per esempio.

  6. Frank Mitnick, troll nemmeno tanto offuscato, è stato bloccato dai gestori della pagina per ripetuti commenti traboccanti di parolacce, insulti e via discorrendo. C’è modo e modo per esprimere le proprie opinioni. Quello dei troll è un modo sbagliato.
    i ragazzi di eb.it

  7. Comunque, 1) Condivido le parole di Antonio Laudato. 2) Ma il Berlusca che vede comunisti ovunque… Nessuno gli ha detto che Putin era a capo del K.G.B.?? 3) Non intendo bene il primo intervento, quello di Luca, in cui dice: Enrico Berlinguer, che non è mai stato amico dei dittatori russi, scagli la prima pietra. Senza un punto esclamativo o interrogativo, non capisco se è una affermazione o una domanda?? Perché nel primo caso vorrei ricordare che Enrico è stato cacciato da Mosca (nel 72, mi pare) proprio per aver criticato il sistema repressivo, la dittatura in atto!!

  8. che bravo il putin lui si eleggera a vita, e meno male che la russia e cambiata,putin ma vai in culo

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