Ricostruire una moralità pubblica è il più ricco dei programmi e la più grande delle riforme

Non c’è nessuna Questione Morale, dice qualcuno, perché non ci sono ancora state condanne. Ma costoro (sempre pronti ad alzare il termometro dell’indignazione quando fa comodo a loro) dovrebbero ben conoscere la differenza tra la Questione Morale, che riguarda politici e cittadini, e la Questione Giudiziaria, che è affare di giudici e avvocati della difesa.

O meglio, la conoscono molto bene, ma il fatto è che il nostro ceto di governo (di qualsiasi bandiera, con qualche rara eccezione) ha rifiutato dai tempi di Tangentopoli in poi l’ovvia distinzione tra accertamento giudiziario di un reato e comportamenti che, sia pure sfuggiti in qualche modo alla condanna penale, suscitano la ben più sonora condanna morale del popolo, che finisce poi per gettarsi nelle mani di qualunquisti predicatori anti-corruzione che hanno facile gioco nel fare a pezzi la credibilità di una classe dirigente che ha preferito la presunta modernità alla moralità.

Certo è che la vicenda che riguarda Filippo Penati, definito un delinquente prescritto e accusato di essere al centro di un sistema corruttivo attivo da 16 anni e oltre, potrebbe benissimo definire la parabola della Seconda Repubblica: che non ha risolto, bensì ha perpetuato aggravati i vizi della Prima, con la differenza che nel 1992 c’era un’alternativa considerata credibile, pulita, onesta, che fondava ancora la sua credibilità sulla figura di Enrico Berlinguer, mentre oggi Enrico Berlinguer è materia di convegni e dibattiti di noi ventenni, mentre chi aveva vent’anni quando Berlinguer era vivo pare averlo completamente dimenticato.

I livelli di corruzione in Italia sono aumentati di 12 volte rispetto a Tangentopoli (da 5 a 60 miliardi di euro), un patrimonio che potrebbe evitare tagli e tasse, nonché manovre lacrime e sangue. Le mafie sono la prima azienda italiana per fatturato; l’evasione fiscale sottrae risorse per oltre 200 miliardi. E dunque la crisi morale si fa economica e infine politica: è tanto difficile comprenderlo?

Il punto è che in Italia i ladri, i corrotti, i corruttori, non provano nemmeno vergogna; la provano solo gli onesti, che sono costretti a sorbirsi all’estero il ritratto di un Paese da Repubblica delle Banane (se va bene) e farsi dare lezioni di moralità magari dai tedeschi che quando li incontri a Gardaland saltano la fila e ti ridono in faccia quando glielo fai notare.

È facile cadere, in momenti come questo, nell’ever green “Sono tutti uguali”, anche se è chiaro che non è così. Eppure anche quelli che non sono uguali (tranne rare eccezioni) hanno una colpa, ovvero quella di essersi piegati al conformismo realista che considera la corruzione un costo necessario, di coltivare l’omertà di partito e di essere prigionieri della logica “ma così si fa il gioco degli avversari”.

Come se non fosse interesse degli avversari dimostrare che “Siamo tutti uguali” perché anche chi non ruba, dall’altra parte, sta zitto e non isola i disonesti.

Ora viene fuori che Pierfrancesco Maran, delfino di Filippo Penati, trentenne di belle speranze con una quadriennale in scienze politiche presa in 7 anni, nominato da Pisapia assessore ai trasporti, sarebbe stato messo lì per favorire Di Caterina. Ad affermarlo è lo stesso imprenditore che secondo l’accusa ha pagato milioni di tangenti a Penati in questi ultimi quindici anni: rafforza le sue parole un sms all’indomani della vittoria di Pisapia.

Aldilà della questione giudiziaria, sarebbe stato interesse del Sindaco smentire con forza e carte alla mano eventuali condizionamenti; alla richiesta di chiarimento dell’Idv, Pisapia ha risposto con violenza, minacciando di cacciare all’opposizione uno dei partiti che lo hanno portato a Palazzo Marino.

Non sarebbe stato meglio una pacata risposta, anziché una reazione berlusconian-style? È nell’interesse anzitutto del Sindaco chiarire, anche perché subito la stampa avversaria ci ha cavalcato filmoni e contro-filmoni su eventuali tangenti pagate anche a Maran per favorire la pratica Di Caterina.

Ai tempi, quando da più parti furono sollevati dubbi sulle competenze di alcuni assessori (come sulle assunzioni di amici e collaboratori dopo il licenziamento di 156 precari), volarono le accuse di tafazzismo.

A ben vedere, dopo nemmeno due mesi, si è scoperto che i veri tafazzisti sono altri. E sono loro a fare il gioco degli avversari, fornendogli elementi per farsi sparare contro.

La ricostruzione della moralità pubblica è oggi il più ricco dei programmi politici e la più grande delle riforme. Quando anche la Sinistra riscoprirà questa verità, sarà un bel giorno per tutti. Speriamo arrivi presto.

35 commenti su “Ricostruire una moralità pubblica è il più ricco dei programmi e la più grande delle riforme”

  1. Penati non ci interessa che si autosospenda dal PD, sono affari del partito. Deve dimettersi da consigliere regionale perchè è pagato da tutti noi. E io non voglio più dare nemmeno un millesimo di centesimo ai farabutti. Chiaroooooooo !!!!!

  2. Quando i costumi privati raggiungono livelli così bassi e volgari come in questi decenni diventa difficile che si pensi ad una moralità pubblica, ricostruirla poi…e su quali basi!? C’ è forse all’ orizzonte un movimento ideale e culturale di rinnovamento della moralità, privata e pubblica!?

  3. I disonesti sono ovunque e ormai non è più questione di destra, di centro o di sinistra! Veramente bisognerebbe fare non uno, ma due passi indietro e tornare ai tempi in cui si faceva Politica con la P maiuscola! Questione morale? Bha! Questione che sono dei pezzi di merda!

  4. mi auguro ke ci sia qualcuno ke possa riuscire in questo compito difficile ed ambizioso

  5. L’ideologia maccartista che per vent’anni ha dominato il panorama culurale italiano ha rimosso l’eridità politica e morale di Enrico Berlinguer provocando danni enormi al nostro paese

  6. ..pensate veramente che la questione morale politico/amministrativo/finanziaria si possa risollevare?..in un mondo di opportunismo,di assenza completa di qualsiasi tipo di valori, di menefreghismo totale di quella solidarieta’ sociale che tutelava le classi meno abbienti,di assenza di regole e pene esemplari per delitti gravi… ..ILLUSI! !!…

  7. Siamo molto preoccupati ed arrabbiati, non esiste settore, in italia, dove non ci siano ladri disonesti, corrotti e corruttori, sfruttatori e francamente non vedo soluzione se non una bella ripulita generale. Non esiste paese al mondo che mantenga politici ed altri soggetti pubblici, in carico ai cittadini fin oltre gli ottanta anni. Ormai sono tutti compromessi e conniventi con un sistema vacchio quanto loro. Se non partirà un movimento di giovani che mandi a casa tutti quanti, non se ne uscirà. Intanto spero che si cominci dalla questione morale. Ma chi darà lezioni in tal senso dovrà essere molto, molto, molto credibile……

  8. Il problema è certo che è ben rappresentato dai politici… ma secondo me dopo 15 anni di berlusconismo (che sdoganato i più bassi istinti egoistici) si è diffuso nella gente comune e nei rapporti privati … vi ricordate quando si diceva il personale è politico? Ecco secondo me… ci siamo!

  9. non credo sia possibile ristabilire una moralità pubblica in quanto è stata deteriorata in tanti anni LA MORALITà PRIVATA !!!!!!! anche il poverino onesto visto l’andazzo ,cerca di trovare la raccomandazione x il posticino x il figlio ….. scavalcato da ragazzotti ignoranti e incapaci,ma raccomandati !!!!!!

  10. …ritornare ad avere MORALITA’, si può, con quella che per il Capitale e la Chiesa è una UTOPIA: deprivare d’importanza il denaro!. Quanti problemi per il vil denaro. Non si vive!. Se ciascuno stato, cittadino, potesse stamparsi il denaro che occorre alla propria bisogna, i famelici ingordi non avrebbero più motivo d’esistere. Pensateci tutti: al mondo alla fin fine è tutto effimero, qualunque cosa si fà non fà altro che complicarci il vivere. Il vivere, cibarsi, bere, vestirsi, lavorare, ideare, senza la rincorsa spasmodica all’arricchimento, rimane la cosa più semplice ed elementare per giungere infine aalla unica certezza della esistenza: La Livella. Quella livella che pone equità assoluta tra un Papa ed un povero.

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