Il Manifesto del Partito Comunista, 170 anni dopo

Centosettant’anni fa veniva pubblicato a Londra il Manifesto del Partito Comunista, scritto a quattro mani da Karl Marx e Friedrich Engels su impulso della Lega dei Comunisti.

Un testo breve, in cui i due massimi ideologi del comunismo condensano storia e principi dell’ideologia comunista: dalla storia della lotta di classe al programma minimo di un partito comunista. Leggere oggi moniti come “imposta fortemente progressiva” ed “educazione pubblica e gratuita per tutti i fanciulli” ci fa capire quanto in realtà tutti, comunisti e non, viviamo nell’eredità storica e politica di chi ha seguito le parole del Manifesto per farne prassi e azione.

Con sconcerto si leggono in questi giorni equiparazioni fra l’ideologia nazifascista e l’ideologia comunista. Equiparazioni che vedono il quotidiano Il Tempo proporre un’anagrafe degli anticomunisti, foraggiando verso il comunismo e i comunisti un clima di ostilità e ignoranza che sempre li ha accompagnati durante la loro lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Il Tempo e sodali vorrebbero infatti affermare che chi ha liberato l’Europa dal nazifascismo fosse uguale e peggiore di Hitler e Mussolini, che chi ha aperto i cancelli di Auschwitz fosse uguali ai gerarchi nazisti e alle canaglie fasciste che accompagnavano a morire ebrei, omosessuali, dissidenti politici e sì, anche italiani.

Il Tempo vuole descrivere i comunisti italiani – e in particolar modo il Partito Comunista Italiano – come depredatori dell’Italia, di quella stessa Italia che senza il contributo determinante dei comunisti e dei socialisti, lettori attenti di Marx e del Manifesto del Partito Comunista, non avrebbe rivisto la luce dalla barbarie fascista. Quei comunisti e socialisti che hanno vergato la Costituzione della Repubblica Italiana in cui rivivono parti importanti del pensiero marxista di uguaglianza degli uomini e di libertà dal lavoro.

Oggi forse ci apparirà strano sapere che neanche 170 anni fa quelle idee che noi viviamo e che dobbiamo costantemente difendere – di giustizia sociale, di pace fra i popoli, di uguaglianza – hanno trovato origine in quel pamphlet, pubblicato nella clandestinità, che oggi qualcuno vorrebbe criminalizzare come fosse un Mein Kampf.