Ciao Alberto

Aò, Pierpà, ce sei? Me senti?“, iniziava sempre così le telefonate. “Me raccomando, Pierpà, ce conto” era invece come finivano, e conoscendolo ogni volta avrà agitato il dito in alto come se fossi lì davanti a lui.

Alberto Menichelli è morto ieri. L’ho saputo via sms e questa forse è la cosa che mi ha fatto più male. Perché quando l’ho sentito l’ultima volta, un paio di mesi fa, stava bene: aveva appena concluso, con successo, le commemorazioni romane (e popolari) del 33° anniversario della morte di Enrico Berlinguer.

Alberto Menichelli con Pierpaolo Farina

Io e Alberto avevamo questo in comune: la smisurata passione per quell’uomo schivo e riservato ma dal sorriso straordinario che ha fatto (e continua suo malgrado a fare) la storia della Sinistra italiana ed europea. Io me ne sono innamorato 10 anni fa con un libro, lui servendolo fedelmente come autista e capo-scorta dal 1969 fino a quell’11 giugno 1984.

Quando ne parlava gli brillavano gli occhi: Alberto conosceva Enrico come nessun altro. Ti raccontava gli aneddoti più disparati, le situazioni più rischiose e quelle più divertenti. Restituiva un’umanità al leader più amato della storia repubblicana che il suo Partito, dopo la morte, sembrava voler cancellare per paura che sminuisse portata e solennità del ruolo di Segretario del più grande partito comunista d’Occidente.

Negli ultimi 33 anni Alberto ha fatto questo: ha continuato a tenere viva la memoria di Enrico anche quando non era di moda e i suoi (presunti) eredi sembravano essersene dimenticati. Del resto, quando nel 2009 ho fondato enricoberlinguer.it c’era chi sosteneva che “le quotazioni di Berlinguer sono in netto ribasso mentre quelle di Craxi vanno forte“. La politica come un titolo azionario, le idee come merce da scambiare sul mercato: ecco, non era questa l’idea di Politica che aveva Alberto. Tant’è che per lui era morta col PCI e non aveva più preso tessere di partito.

Era convinto di dover SEMPRE dare l’esempio, in qualsiasi occasione: era di un’onestà, una pulizia e un’umiltà che lasciavano disarmati. Qualità che non gli impedivano di mandare a quel paese chi se lo meritava. Caparbio, ostinato e appassionato, è rimasto sempre se stesso in tutti questi anni in cui ci siamo conosciuti. La prima volta che mi ha telefonato, era il maggio 2011, si presentò così: “Buongiorno, sono il padre di Laura, sono il compagno Menichelli. Me dai una mano con la mostra a Roma?” e io non potevo credere che quello dall’altra parte fosse proprio lo stesso Menichelli che due anni prima avevo visto nel docu-film di Minoli. Quello che nell’evocare “il mare di gente” che stava ai bordi della strada che da Padova va all’aeroporto di Venezia a Mestre per salutare un’ultima volta Enrico non riesce a trattenere le lacrime dice “ecco, questo era Berlinguer…

 

Per far capire che uomo fosse, dopo la morte di Berlinguer continuò ad accompagnare ogni mattina Laura, la figlia più piccola di Enrico, a scuola, per renderle meno dolorosa la perdita. Quando ho scritto “Casa per Casa, Strada per Strada” gli avevo chiesto di rievocare gli ultimi momenti a Padova e ancora oggi a ripensarci mi vengono i brividi:

«Non mi sono mai arreso, mai, a quello che dicevano i medici, i compagni. Quasi per consolarmi spiegavano che se sopravviveva restava infermo, paralitico. Per me, pure infermo andava bene. Invece… L’ultimo viaggio insieme l’abbiamo fatto sull’aereo di Pertini. Con lui, lasciamelo dire, è morto pure un pezzo di Alberto Menichelli».

Nessuno probabilmente si renderà veramente conto del vuoto che lascerà Alberto Menichelli: non stiamo parlando di un lutto privato, delle figlie, dei “figli adottivi” Berlinguer e di tutti noi che gli abbiamo voluto bene. Questa è una perdita collettiva, perché con lui se ne va un pezzo di Storia di questo Paese, quello della storia politica più bella, fatta di grandi ideali e di molte battaglie, sempre al servizio dei più deboli, degli oppressi, degli svantaggiati.

Con Alberto oggi muore un pezzo di tutti noi. E io perdo un secondo nonno, un esempio di vita e un compagno di lotta. Perché anche questo è stato: “Aò, Pierpà, a settembre ce dobbiamo sentì per fare le cose di mafia a Roma“, perché il ricordo è cosa buona e giusta ma senza azione, senza lotta, non ha alcun senso.

Mi mancherà il tuo modo di fare e di vivere la lotta. Mi mancherà la tua amatriciana. Mi mancherà tutto. Grazie per quello che ci hai dato, noi giovani non possiamo far altro che raccogliere il testimone e continuare a camminare. Perché questo fanno i rivoluzionari, soprattutto in momenti come questi dove sembra che di luce non ce ne sia proprio più. Camminano verso l’orizzonte, senza mai dimenticarsi però la strada fatta e chi l’ha battuta prima di loro.

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I funerali si terranno lunedi alle 10.30 nella Basilica di San Giovanni Bosco nel quartiere romano di Cinecittà. Il feretro verrà condotto successivamente per una breve commemorazione al circolo dell’Associazione Enrico Berlinguer di Roma di cui Menichelli era presidente, in Viale Opita Oppio 24. Camera ardente dalle 8.00 di lunedì al Policlinico Casilino.

25 commenti su “Ciao Alberto”

  1. Si è spenta un altra luce,quella che ha illuminato gli ideali e la passione per la politica vera dei miei tempi.Io sono del 63 ,figlia di operai,e ho avuto la fortuna di apprezzare e condividere la lotta di questi grandi uomini.Niente a che vedere con i saltimbanchi odierni. Grazie, R.I.P

    • Anche io ho avuto la fortuna di avere due genitori così mi hanno trasmesso un bagaglio di valori…na io vedo che nella mia generazione non si combina nulla di diente….ognuno pensa per se stesso per non parlare della gioventù che è dietro noi…
      Boooo

  2. Veramente il pd si dichiara di sinistra si devono. Lavare la bocca. Io non lo chiamo stato. Sono delinquenti che si sono rubati tutta l, italia. Devono pagare. La distruzione del popolo italiano

  3. Conteporeanamente c’e’un individuo che si professa filosofo/sociologo,presentandosia Comunione e Liberazione dicendo:la sinistra come la concepivamo noi e “morta.io voglio fare mia una frase di Togliatti.Sopra una testa così grande qualche pidocchio lo trovi sempre.saluto ad alberto dicendo: non sara’vano essere stato una persona come te .

  4. Ha accompagnato Enrico come un fratello come un padre poi quanfo lui se ne e andato con noi ha condiviso il suoi ricordi facendolo apprezzare ancora di più… Grande compagno ….

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