Quel che #Salvini non capisce di #Saviano (e di #mafia)

Fatti una vita a spese tue“. Nell’estate che passerà alla storia come quella dello sfondamento della linea razzista nel Partito Democratico (nella vana speranza di inseguire destra e M5S per raccattare qualche voto) potremo annoverare anche gli attacchi di Matteo Salvini a Roberto Saviano, accusato di godere “inutilmente” della scorta. Attacchi che arrivano dopo le dure prese di posizione di Saviano nei confronti degli sproloqui social del leader della Lega Nord.

Salvini, anziché replicare nel merito delle critiche di Saviano, l’ha buttata in caciara assicurando che quando andrà al governo (si spera mai), la prima cosa che farà sarà togliere la scorta allo scrittore. Sono passati due anni dalla figuraccia sulla Corte di Strasburgo e dal mio “Studia, somaro” che mi è valso il ban sulla sua pagina, eppure mai come oggi quel monito risulta attuale.

 

Anzitutto perché sulla scorta non decide un Presidente del Consiglio (per fortuna), ma l’UCIS (Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale), istituito per altro dal governo Berlusconi II nel 2002, su segnalazione del Prefetto. In secondo luogo perché solo chi non ha alcuna conoscenza del fenomeno mafioso potrebbe sostenere che Roberto Saviano oggi non ha bisogno della scorta.

Quando si entra nel mirino di un’organizzazione mafiosa (nel caso specifico, il Clan dei Casalesi, ma vale per qualunque altra organizzazione), non ha importanza quanto costituisca una minaccia: Saviano sarà sempre a rischio finché esisterà quell’organizzazione perché ha osato all’epoca squarciare il velo dell’omertà e raccontare quello che nessuno aveva il coraggio di raccontare.

Il fatto di fare paura o meno non ha nulla a che vedere con la sentenza di morte che pesa sulla sua testa: è il fatto che lui sia ancora in vita il problema. Saviano, come chiunque altro abbia osato squarciare il velo degli affari e degli intrecci tra mafia, politica e imprenditoria, rappresenta la possibilità di poter dire NO al sistema di potere mafioso su un territorio. Mette in discussione la credibilità e l’efficienza criminale di un’intera organizzazione, quindi è un esempio: per questo va eliminato.

Il fatto di trovarlo simpatico e meno oppure di condividere quello che scrive non ha nulla a che vedere con quello che lui effettivamente è: un simbolo che va abbattuto per negare anche solo l’esistenza di un’alternativa al Potere mafioso. Senza contare che il vivere sotto scorta è tutt’altro che un privilegio: trattasi di una sistematica limitazione della libertà personale. Chi lo vuole morto che fino a prima dell’arresto era libero di muoversi indisturbato per il suo “regno” e lui lontano dalla famiglia, dagli affetti, dalla possibilità anche solo di mangiare un gelato in santa pace.

Quale credibilità può avere un leader che aspira a governare l’Italia ignorando le basi del fenomeno mafioso? Che tra vittime e carnefici colpisce le vittime e quindi si schiera indirettamente con i primi?

Alla luce di tutto questo, non ci resta da fare nient’altro che concludere con un’esortazione al leader della Lega, sempre valida nel suo caso: “Studia, somaro“.

 

14 commenti su “Quel che #Salvini non capisce di #Saviano (e di #mafia)”

  1. Tutto giusto, volendo però si può andare oltre. Chiunque ha in mente di arrivare al governo di questo Paese, deve rendersi credibile alle forze sociali. Saviano rappresenta un problema con una delle forme di potere più potenti in assoluto: la mafia. E quale lasciapassare è più efficace di una dichiarazione del tipo di quella di Salvini? Tradotta dal politichese significa: FI ha finito il suo tempo e non è riuscito in tutti gli obbiettivi che si era prefisso, Salvini si candida come nuovo referente per sostituire i vari Adreotti. Lima, e poi Dell’Utri e Cuffaro e P2 compresa. Chiaro no?

  2. “Studia, somaro!” andrebbe rivolto anche a tutti coloro che bovinamente applaudono alle uscite di Salvini. Purtroppo alle prossime elezioni vinceranno loro.

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