Prima di cambiare i Tar, cambiate chi scrive le leggi (e i bandi)

Nell’epoca degli “statisti” che fanno populismo un tanto al chilo per coprire il proprio dilettantismo, accade che una delle poche iniziative buone del governo Renzi e del suo (pessimo) ministro della Cultura Dario Franceschini venga spazzata via da una sentenza di un tribunale amministrativo (il TAR del Lazio).

La stampa tutta ha praticamente fatto passare il concetto che il problema dei nuovi direttori era che fossero stranieri, ma in realtà le nomine, a un esame più attento, risultano viziate anche da altri elementi, tra cui quello spicca anche quello della nazionalità.

Nella prima sentenza (n. 6171/2017) i magistrati amministrativi hanno messo sotto accusa infatti i criteri di valutazione dei candidati ammessi al colloquio dopo la selezione dei titoli, da cui poi è discesa, per ciascun museo, una terna di nomi sulla base della quale Franceschini e il direttore generale dei musei hanno poi scelto il direttore. Questi criteri di scelta vengono dalla natura «magmatica» non consentono infatti di «comprendere il reale punteggio attribuito a ciascun candidato». 

Ci sono, però, altri due motivi proposti dalla prima ricorrente e ritenuti fondati dal TAR. Uno di questi è lo svolgimento del colloquio a porte chiuse (addirittura alcuni candidati sono stati sentiti senza la presenza di uditori estranei via skype perché in Australia o negli Stati Uniti) quando «occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale». Infine, il bando «non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani», perché nessuna norma derogatoria consente al ministero di reclutare dirigenti pubblici stranieri.

Insomma, chi ha promosso il bando (governo e ministero) non ha fatto in modo di modificare la normativa prima di renderlo effettivo. Il risultato? Questo pasticcio istituzionale che dà un nuovo colpo all’immagine delle istituzioni italiane. E non per colpa del TAR, ma di dilettanti allo sbaraglio che non hanno tutelato un’iniziativa giusta (che andrebbe estesa anche ad altri ruoli apicali della pubblica amministrazione). Ora la palla passa al Consiglio di Stato ma per favore: non date la colpa al TAR.

La giustizia amministrativa va sicuramente riformata, ma prima bisognerebbe cambiare quelli che le leggi le approvano in Parlamento: sarebbe un grandissimo passo avanti.

14 commenti su “Prima di cambiare i Tar, cambiate chi scrive le leggi (e i bandi)”

  1. Su questo posso essere pure d’accordo, da apolitico cmq quale sono,la logica che normalmente dovrebbe far fronte alle tante cose che a scuola insegnano, ma i cotanti laureati legiferanti che oggi nell’Italia nostra ci sono,per il bene degli Italian più che mai esser dovrebbeto, cos’han capito?

  2. Ma come cavolo è che questi uomini di governo non conosco le leggi italiane . Per inciso la legge del 2001 dice che i dirigenti d0interesse nazionale devono avere la cittadinanza italiana e questo signore ha nominato direttori di vai musei nazionali divesi stranieri peraltro senza concorso pubblico . Insomma con questo governo basta che lo voglia renzi e c. che si ignorano le leggi . Ritonate a scuola ( possibilmente dalla materna )

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