Un uomo morto

Un uomo morto. Ucciso. Travolto da un tir che cercava di forzare il picchetto dei dipendenti in sciopero davanti alla sede piacentina del Corriere Espresso Gls. Un operaio egiziano di 53 anni, Abd Elsalam Ahmed Eldanf, lascia la moglie e cinque figli soltanto perché ha osato chiedere il rispetto degli accordi sottoscritti in precedenza sulle assunzioni dei precari a tempo determinato. A chi si domandava come si possa ancora oggi morire nei diversi luoghi di lavoro, si starà certamente chiedendo come sia possibile morire per uno sciopero.

Ecco, gli scioperi. Ricordate quegli autunni caldi della fine degli anni Sessanta, che alcuni di voi hanno direttamente vissuto e molti di noi hanno soltanto studiato? Ricordate quelle manifestazioni oceaniche, gli scioperi contro i padroni? Ricordate quelle masse di lavoratori guidati da sindacati forti e dai partiti storici della sinistra? Una passione politica e civile che portò all’approvazione dello Statuto dei Lavoratori del 1970 e aprì le porte al decennio più buio e partecipato di sempre. Oggi, tutte queste conquiste sembrano assai lontane, non solo nel tempo. In meno di cinquant’anni si è assistito ad un lento declino della coscienza collettiva, a favore di una società individualista ed orientata al perseguimento del successo personale a tutti i costi. Nella politica, nell’imprenditoria, persino nella vita sociale.

Oggi, navighiamo nelle acque alte dei mari dell’incertezza. E specialmente i più giovani faticano a galleggiare. Siamo il Paese che inventa i baby pensionati, gli esodati, i precari costanti, i precari part time. Siamo il Paese industrializzato che non ha mai avuto una vera politica industriale. Siamo il Paese dove i sindacati fondano il proprio consenso sui pensionati e non sui lavoratori, magari quelli che fanno fatica a sbarcare il lunario. Siamo il paese dove Marco, laureato magistrale, lavora in nero in un ristorante del nord per riuscire a fare un regalo alla sua fidanzata, senza chiedere i soldi ai suoi genitori. Siamo il Paese in cui Stefania, giovane cronista, viene retribuita, pochissimo, in base a quanto scrive e non in merito a come scrive. Siamo il Paese in cui Ahmed viene insultato e denigrato, ma contemporaneamente sfruttato nelle campagne del meridione per tre euro al giorno. Siamo il Paese di Anna, “dottorata”, assegnista, ricercatrice, ma mai professoressa. Siamo il Paese dell’amico dell’amico che forse ha l’amico che ha un posto per te. Siamo il Paese diviso esattamente a metà, dove al nord se lavori vieni pagato, mentre al sud se lavori vieni pagato quando vuole il datore di lavoro, forse.

Dunque, la morte vera, cruenta e feroce. Di una pressa meccanica che si inceppa e ti schiaccia, oppure di un tir che ti travolge mentre chiedi rispetto, dignità e diritti. E una morte inesorabilmente lenta dell’anima. Che ti opprime e deprime a tal punto che ti rassegni. Che ti fa perdere la speranza. Che non ti permette di indignarti quando un Ministro della Repubblica proclama un #fertilityday, facendoti sentire un fallito, perché tu un figlio, pur volendo, non puoi concepirlo.

Il Paese del “cambiare a tutti i costi” non va d’accordo con il Paese dei diritti e dei doveri. Rottamare il “vecchio” non significa distruggere la Repubblica democratica fondata sul lavoro. Essere riformisti e progressisti non esige la cancellazione di anni di lotte e conquiste degne di un paese civile e responsabile. D’ora in avanti, su questo blog, cercheremo di dare voce a chi non riesce più ad urlare perché schiacciato dal peso della disoccupazione e della precarietà. Ci prenderemo con forza uno spazio che per troppo tempo abbiamo delegato senza successo ad altri. Ancora una volta, diremo Qualcosa di Sinistra. Ma forse, basterebbe soltanto ritrovare la capacità di indignarsi, senza strozzare il pensiero. Forse, basterebbe ritrovare la bellezza di stare insieme. E allora, forse si, saremo veramente liberi.

27 commenti su “Un uomo morto”

  1. Dobbiamo fermare il paese…. siamo troppo remissivi ..ricostruiamo la solidarietà in nome della dignità..dei diritti del lavoro…troppi pezzi abbiamo perso per strada e ricordiamoci che non siamo bianchi…neri..gialli o che siamo tutti esseri umani!

  2. C’E’solo da riflttere ! Che un paese dove sono stati tolti i diritti a chi lavora! E non solo! Dove i lavoratori non vengono difesi piu’da nessuno! Si puo’ chiamare solo un paese di MERDA!!!!

  3. ma quale azienda ora rispettta gli accordi sottoscritti !!!!!!!! gli accordi li deve rispettare solo il lavoratore che poi deve anche pagare la tessera sindacale a coloro che dovrebbero fare rispettare le regole ad entrambi

  4. Stiamo qui a pigiare i tastini del pc ma la lotta per i nostri diritti non si fa così,dobbiamo scendere nelle piazze e lottare contro un governo che ormai è sempre più un regime!!!

  5. così com’è finito il comunismo , non c’è più ragione che esista il capitalismo, ma non l’ha capito ancora nessuno! E’ giusto che ci sia la solidarietà , la dignità, i diritti di tutti gli esseri umani

  6. Una volta, per molto meno, i lavoratori in sciopero riempievano le piazze….con o senza la proclamazione ufficiale dei sindacati che poi arrivava a cose fatte….
    Oggi manco più questo !

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