#NoTriv, il #17aprile si torna a votare ma non lo sa nessuno

Domenica 17 aprile si torna a votare ma non lo sa nessuno. Nel silenzio generale dei media mainstream, la consultazione che interroga i cittadini è stata fissata dal governo ben due mesi prima delle amministrative con l’evidente obiettivo di non far raggiungere il quorum del 50% + 1 necessario per rendere valido il referendum. Quindi, esattamente come nel 2011, toccherà muoversi con un tam-tam tra social network e passaparola, se si vuole superare lo scoglio del quorum. Di seguito le informazioni principali.

PER COSA SI VOTA – Il quesito referendario è semplice: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?” Il quesito riguarda solo la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa, e non riguarda le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare che si trovano a una distanza superiore alle 12 miglia dalla costa (22,2 chilometri).

GLI EFFETTI – Se vincerà il sì, sarà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente, dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente. La vittoria del sì bloccherà tutte le concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana, quando scadranno i contratti. Nella cartina le piattaforme interessate dal referendum. Come si può vedere, non saranno interessate dal referendum tutte le 106 piattaforme petrolifere presenti nel mare italiano per estrarre petrolio o metano.

Sul sito NoTriv tutte le informazioni aggiuntive. Qualcosa di Sinistra nel prossimo mese si impegnerà a dare massima diffusione ai contenuti del referendum, sostenendo le ragioni del sì. Voi intanto cominciate col passaparola: è l’unico spazio di democrazia che ci è rimasto.

trivelle

71 commenti su “#NoTriv, il #17aprile si torna a votare ma non lo sa nessuno”

    • Io da quando sono maggiorenne (ovvero da quasi 13 anni) ho sempre votato, in ogni occasione. Solo che mettere un quesito unico con un quorum mostruosamente alto significa vedere morire l’ennesima giusta causa… Tra un po’ neppure le politiche hanno il 50 +1 figuriamoci un referendum… Occorrerebbe cambiare il sistema referendario altrimenti sono solo fiumi di denari pubblici spererati per giuste cause che non portano a nulla.

    • Cioè, invece di convincere le persone ad andare a votare è meglio arrendersi e “cambiare le regole”.
      In pratica tanti si lamentano, pochi votano e pochissimi decidono.
      Provocatoriamente preferirei alzare ulteriormente il numero di firme per far partire il referendum, quello sì sarebbe un bel risparmio, le buone cause rimarrebbero sulle pagine di Facebook, ma tanto alla gente va bene così – infatti non si documenta a non va a votare.
      Giusto o no ?

    • Vedo che esprimere il proprio pensiero non è tanto tollerato, comunque ci riprovo: io preferirei una consultazione onesta, alla pari dove chi è a favore delle trivelle (o di qualunque altra cosa sia) faccia campagna elettorale, spieghi perché della scelta a favore. Invece no, chissà come mai la parte a favore spera sempre nelle percentuali infami, piazzando queste consultazioni in piena estate, nei ponti festivi ecc. Dove sta la giustizia se una parte ha qualcosa come 20 e passa milioni di voti a favore prima ancora di cominciare? Come se le partite di calcio cominciassero tutto da 4-0 per chi gioca in casa. Leviamo il quorum o almeno abbassiamolo e poi ne riparliamo perché quella diventa una consultazione onesta, dove la dialettica tra le parti può portare a qualcosa. Vorrei citare Gaber quando diceva che nei referendum “dopo aver discusso dei risultati politici tutto resta come prima e chissene frega”. M evidentemente a lorsignori piace, il lunedì battersi il petto davanti al 12 13%…

    • Davide Vallese i referendum scomodi sono sempre stati piazzati in giornate scomode. Detto questo, 5 anni fa lo superammo abbondantemente, così come in altre occasioni. Basta saper fare e continuare a fare da qui fino al 17 aprile adeguata informazione al riguardo. ;)

    • C è una “piccola” differenza però, nel 2011 i quesiti erano innanzitutto quattro e di rilevanza nazionale: acqua pubblica, legittimo impedimento e soprattutto energia nucleare, quesito questo posto pochi mesi dopo il disastro di Fukushima. Nonostante tutto i quesiti sono passati con pochi punti percentuali sopra il quorum… Questo quesito è singolo, e potrebbe anche subire accuse di localismi… Non lo so a me sembra evidente che tutto questo sia una mossa per disinnescare la volontà popolare.

    • E meno male. Quando non si sa di cosa si parla non è volontà popolare ma è una forma di suggestione popolare. La democrazia diventa uno strumento in mano a chi è in grado di mettere più paura ai cittadini e la Razionalità nel prendere decisioni svanisce.

    • Davide Vallese, i quesiti referendari erano di più. Nel settembre 2015 Possibile ne aveva proposti 8, senza però raggiungere le 500mila firme necessarie. Qualche settimana dopo furono dieci consigli regionali a promuovere sei quesiti referendari sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia (erano Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania, Molise e Abruzzo, poi ritiratosi dai promotori).

      Nella legge di stabilità 2015 il Governo Renzi ha introdotto delle modifiche proprio sui temi del referendum proposti dalle regioni e l’8 gennaio ne ha dichiarato ammissibile uno solo, sostenendo che gli altri erano stati già recepiti dalla legge di stabilità.

      Le regioni proponenti hanno allora presentato un conflitto di attribuzione dinanzi la Corte Costituzionale, contestando al governo di aver legiferato su materie di competenza regionale ex-articolo 117 della Costituzione (su cui si esprimerà la Consulta mercoledì 9 marzo).

      Qualora la Corte si esprimesse a favore delle regioni, i quesiti referendari non ammessi tornerebbero ad essere validi e dovranno essere sottoposti agli elettori.

      In particolare i due quesiti resi ammissibili riguarderebbero il “piano delle aree” (ossia lo strumento di pianificazione delle trivellazioni che prevede il coinvolgimento delle regioni, abolito dal governo con un emendamento alla legge di stabilità) e la durata dei titoli per la ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma.

      Come vedi, non si sono svegliati al mattino proponendo un solo quesito: la materia era decisamente più complessa. Il Governo come al solito ha giocato sporco. Ma questo, nel caso del Governo Renzi, non è una novità. ;)

      (PF)

  1. Va bene, voto sì, lo avrei fatto, anche senza questo manifesto. Bisogna incentivare le nuove fonti e non distruggere l’ambiente con le vecchie. Solo un appunto, absit iniuria verbis: glielo mettiamo l’accento sulla “i” di “SÌ”? Viva la sensibilità per l’ambiente, ma non dimentichiamo quella per l’ortografia.

    • Il petrolio non c’entra nulla, si parla di estrazione di gas, anzi, non si parla neanche di quello, è tutta fuffa…. Se solo si potesse avere energia dalla fuffa….

    • Che le trivellazioni sono fatte entro i 22,2 km dalla costa, in zone altamente turistiche, vicino a parchi naturali. Se avessi letto l’articolo, avresti visto che non riguarda tutte le piattaforme di estrazione, né le trivellazioni in generale. ;) Poi sei liberissima di votare NO, ma almeno vai a votare! :)

    • Qualcosa di Sinistra io sospendo il giudizio su argomenti tecnici di cui non ho competenze, o se lo esprimo non pretendo che sia in qualche modo vincolante. Ecco perché non andrò a votare, l’unico modo che avrei per farmi un idea delle implicazioni è affidarmi ad un tecnico. Tanto vale e tanto meglio si esprimano questi allora.

    • Fiorella, noi non abbiamo nessun problema col referendum, ce l’ha Francesco Silva, che non andrà a votare e invita altri a farlo perché non c’è una perizia tecnica: una concezione abbastanza elitaria e ottocentesca della democrazia. Molto di destra. Detto questo, noi non facciamo opera di indottrinamento: ognuno si faccia la sua idea e vada a votare quel che meglio crede. Il problema è a monte e stupisce che non sia stato colto da menti così raffinate: il fatto che non si vada a votare perché c’è un blackout informativo e mediatico sul referendum.
      Quanto all’idea di relegare la politica al recinto delle perizie dei tecnici, abbiamo avuto un governo tecnico e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. ;)
      (PF)

    • Mi sento di invitare ad una posizione che personalmente reputo metodologica, meno avventata e di responsabilità. Non mi pare che “vota si” sia un “ognuno si faccia la sua idea ma voti” o un “perché voterei si”, ne mi pare che tu mi renda giustizia riducendo ad un “ci vuole una perizia tecnica” le mie ragioni.
      Penso, e dico penso perché dovrei confrontarmi con più tranquillità, che la tua idea di democrazia veda i votanti come una forza da indirizzare per raggiungere un obiettivo piuttosto che come individui con proprie capacità, idee e limiti, immersi in una società strutturata che dovrebbe regolarsi con la dialettica e in una realtà dove è “il reale”, scusa la ripetizione, ad avere l’ultima parola.
      Federico chiedo a te perché io non ne ho le competenze, per l’appunto, quante leggi vengono comunque fatte o supervisionate da tecnici, prima e dopo il governo Monti?
      Pierpaolo per quanto riguarda la mia posizione politica, mi reputo un liberale, come Gobetti e come Rawls, e non ne faccio segreto. Poi giudica pure volta per volta come preferisci connotare il mio pensiero, non te ne vorrò male.

    • Francesco Silva, il blog ha una sua posizione e proprio perché non facciamo indottrinamento, il focus dell’articolo è sul fatto che non se ne parli. In realtà ti stavo prendendo per i fondelli, non ti stavo rendendo giustizia, ma vedo che ti prendi troppo sul serio. :P
      La mia idea di democrazia vede il popolo che decide di partecipare alla vita politica della nazione, al suo elevamento culturale e si mette nelle condizioni di non essere subalterno a interessi contrari alla collettività: cosa che oggi non avviene in Italia.
      Ogni legge è supervisionata nel processo legislativo da tecnici, sia in fase di redazione giuridica che per quanto riguarda le eventuali coperture finanziarie, fino alle audizioni nelle commissioni competenti di quelli che vengono considerati esperti del settore. Poi decide la Politica: il principale problema dell’Italia è che la burocrazia (fatta da tecnici) è elefantiaca e dà troppo potere a loro, in tutti i ministeri. Trovi un bel servizio di Report in cui puoi sentire dalla viva voce di chi scrive i decreti attuativi il perché vengono create ad arte zone grigie che lasciano spazio a fantasiose interpretazioni per aiutare gli “amici” quando serve. Il problema non è affidarsi ai tecnici, è il potere che si dà ai tecnici: la Politica è una cosa seria e non si può delegarla a chi non ha il mandato degli elettori sulla base di una laurea o di un cv. E’ il problema alla base del M5S. Senza contare che i tecnici non sentono il bisogno di rispondere delle loro azioni e spesso sono a libro paga di specifiche consorterie di affari (cfr zona grigia).
      Detto questo, con tutto il rispetto, ho di meglio da fare che stare ogni volta a pensare come connotare il tuo pensiero: va da sé che il tuo “non vado a votare perché non sono competente” oltre a non essere liberale denota un bassissimo tasso di civismo. Sei convinto delle ragioni del no? Partecipa al dibattito e alla campagna referendaria: questo è da liberali.
      Buona serata

      (PF)

    • Gli interessi della collettività sono contrari alla collettività, qualunque cosa essa sia. Ho idea che questo discorso non porti a nulla, se un giorno vorrai venire a CambiaMenti per un confronto ne sarò felice, ci sarebbe ancora molto da dire, ma come te, ho di meglio da fare che dare visibilità a questo post.

    • Francesco Silva hai perfettamente ragione: ci sarebbe ancora molto da dire, ma le cose serie per definizione non si esauriscono in un commento su fb. Accetto volentieri l’invito. Detto questo, ci tengo ad informarti che puoi tranquillamente abbandonare la conversazione perché in genere QdS non ha bisogno dei flame nei commenti per dare visibilità ai suoi articoli. ;) besos.
      (PF)

  2. L’inquinamento dei nostri mari non lo hanno provocato le trivelle,se continuiamo così i referendum perderanno la loro importanza,questo è l’unico risultato che otterremmo!!!

  3. Certo che lo so e sto invadendo con le condivisioni la mia pagina FB … Ma qualcuno che metta sì o condivida a parte la mia famiglia non c’è nessuno!!! Mettessi la foto del mio gatto allora riceverei un sacco di mi piace!!!! Ma non desisto!

  4. Davide Vallese il punto è che i promotori del referendum avevano chiesto che fosse organizzato in concomitanza con le amministrative e il governo invece l’ha fissato per il 17 aprile.

  5. I referendum sono solo abrogativi. Quindi bisogna votare SI per abrogare una legge già esistente. Quindi un SI per dire No. Non era meglio battersi ” prima ” per non fare approvare la legge?!

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