Pepe #Mujica, il Presidente che ha insegnato la libertà

Quando ho deciso di scrivere un articolo su Pepe Mujica, ho pensato che sarebbe stato bello iniziare con una sua frase. Ho letto e ascoltato i suoi discorsi senza riuscire mai a scegliere. E sarei potuto andare avanti per giorni. Non ci sarei riuscito comunque. Perché racchiudere José ‘Pepe’ Mujica, presidente uruguayano fino al 1° Marzo, in una sola frase sarebbe stato riduttivo. Direi inutile. Perché ciò che ha reso Mujica cosi amato è il contesto in cui sono inserite quelle frasi. È l’esempio che ha dato. È ciò che è riuscito a rappresentare per tantissime persone. Che in lui si rivedevano. Perché lui non era il ‘Presidente dell’Uruguay’. Lui era un uruguayano. Era cittadino fra gli altri cittadini. Era uomo fra gli uomini. E non è la stessa cosa.

Sono diventate famose alcune sue foto. In una lo si vede uscire dall’auto con la quale si sposta. Un maggiolone del 1987. In un’altra, mentre aspetta il suo turno in un ospedale pubblico. Io, come la maggior parte di chi ha visto queste foto, mi sono meravigliato.  Cosi come mi sono meravigliato quando ho letto che lui tratteneva dal suo stipendio solo il necessario. Circa 800 euro al mese. Quanto guadagna la maggior parte del popolo uruguayano. Il resto lo devolveva in beneficenza. Cosi come mi sono meravigliato quando ho letto che vive in una fattoria, mentre la casa presidenziale l’ha aperta ai senzatetto. Ho pensato: ‘caspita, però, che bella cosa e che bell’esempio’. Si, mi sono meravigliato. Ma non avrei dovuto. Perché ha ragione lui. Ha ragione Pepe, quando dice che se ci si sorprende perché abita in una casa semplice o va in giro in auto vecchia, allora il mondo è impazzito, perché ci si sorprende della normalità.

Già, dovrebbe essere normale che siano tutti a fare i sacrifici nei momenti di difficoltà. Dovrebbe essere normale aiutare e tutelare le classi più deboli. Dovrebbe essere normale non sottomettere l’ideale di una vita solidale al mercato, ma il mercato all’ideale di una vita solidale. Ma non è su questo che mi preme soffermarmi. Non su questo che può essere scambiato per qualunquismo (e non lo è) da chi ha interesse affinché nulla cambi, e da chi si è lasciato convincere che nulla possa cambiare.

Il vero dono che ci ha fatto Pepe Mujica è la libertà. Innanzitutto la libertà di capire la morsa in cui ci stringe questa società. La consapevolezza è il primo passo verso la vera rivoluzione. Poi, quella libertà, ce l’ha spiegata e mostrata con il suo esempio di vita, dalla lotta attiva contro la dittatura, passando per la prigionia, fino alla presidenza dell’Uruguay:

“Abbiamo dovuto vivere per molti anni prigionieri, e non avevamo quasi nulla. Poi, quando siamo usciti dal carcere, ci siamo resi conto che per vivere non avevamo bisogno di tante cose, ma di poco. […] Lottiamo per essere liberi e non mi stancherò mai di spiegare che per essere liberi bisogna avere tempo: tempo da spendere nelle cose che ci piacciono, poiché la libertà è il tempo della vita che se ne va e che spendiamo nelle cose che ci motivano. Mentre sei obbligata a lavorare per sopperire alle tue necessità materiali, non sei libera, sei schiava della vecchia legge della necessità. […] Oggi la gente si preoccupa di comprare, in una corsa infinita […].E allora non ha più tempo per le cose elementari, che sono molto poche e sono quelle di sempre, le uniche: le relazioni fra genitori e figli, l’amore, gli amici… Per tutto questo c’è bisogno di tempo!”

È questa consapevolezza, questa libertà venata di romanticismo, ciò che Pepe Mujica ci ha donato. Ed è ciò che ci dà speranza.