Se #Piccolo vince lo Strega grazie a #Berlinguer

Francesco Piccolo vince il premio Strega 2014 con “Il desiderio di essere come tutti”. A partire dalla copertina, il libro ha sfruttato l’enorme popolarità di Enrico Berlinguer e l’affetto contenuto in quel titolone de l’Unità per pompare le vendite di una bella biografia, che diventa però un cestinabile saggio da salotto buono quando si addentra nei meandri della politica degli ultimi trent’anni.

 Anche per questo ha vinto, perché è da salotto buono ed elogia il Berlinguer del compromesso storico e massacra (guarda un po’) quello della Questione Morale: come scrivevo già a dicembre, il titolo sarebbe dovuto essere “Il desiderio di essere come Craxi“. Perché questo fa Piccolo: prende Berlinguer, lo elogia per un po’, poi lo pugnala ripetutamente di nascosto, alterando verità storica e politica per rendere più credibile la sua tesi.

Una tesi che non sta né in cielo né in terra: non si può davvero sentire che la Sinistra ha iniziato a perdere perché si è isolata con la battaglia sulla Questione Morale, stando lontano dal centro del Potere. E’ vero invece che la crisi attuale della Sinistra (e non venitemi a parlare di Renzi, perché lui non è Sinistra, basti guardare la bozza di riforma della scuola) non è dovuta al fatto che è stata lontana dal centro del Potere, ma, anzi, perché ci si è accomodata e si è uniformata al modo di governare degli altri, intesi come i partiti governativi che hanno distrutto la Prima Repubblica, morta per un’overdose di tangenti.

La Sinistra ha smesso di vincere quando ha fatto quello che già Mitterrand diceva essere “il gesto inutile di un idiota”: tagliarsi le radici, nella speranza di rifiorire meglio. A ben vedere, è seccata tutta la pianta.

Questa tesi, che viene tirata fuori da quell’ala oltranzista dei radical chic da salotto con cuore a sinistra e portafoglio ben ancorato a destra, fu sistematizzata per la prima volta nel 1997 da Miriam Mafai, nel suo Dimenticare Berlinguer: cosa che, a ben vedere, la Sinistra ha fatto benissimo.

Perché se Piccolo si fosse astenuto dall’usare l’immagine di Berlinguer per puro marketing, riproporre una tesi del genere sarebbe stato legittimo. Così però no. Perché in tutto il libro serpeggia l’elogio a Bettino Craxi. Dichiarato poi in un’intervista a l’Espresso a novembre dell’anno scorso:

Guardi, io l’ho odiato come tutti i comunisti, ma sbagliavo. Craxi ha fatto in modo di impersonare anche la degenerazione del suo tempo, però all’inizio è stato un interprete acuto dei bisogni della società. Aveva una forza progressista che a noi mancava e non si capacitava dell’arretratezza dell’altra costola della sinistra. Diceva giustamente che Berlinguer vedeva ancora il mondo in bianco e nero. Pensi solo alla lotta contro il decreto di San Valentino, quello sulla scala mobile, che fortunatamente abbiamo perso.

In realtà, Cicchitto dixit a Minzolini, Craxi divenne segretario del PSI con i soldi della P2. E davvero non so proprio cosa ci sia di moderno nell’affarismo politico che affossò il più antico partito italiano. Non solo, il famoso decreto legge di San Valentino non solo nascondeva i primi germi del male autoritario che sarebbe venuto fuori con Berlusconi, ma fu anche il modo per lasciare intatti i privilegi delle clientele (che porteranno all’esplosione del debito pubblico, che ancora oggi ci trasciniamo dietro), scaricando i costi della riduzione dell’inflazione sui lavoratori onesti e perbene. Quanto alla battuta sul bianco e il nero, Craxi si riferiva al fatto che Enrico in casa sua non aveva la televisione a colori (lui in compenso alla sua amante Anja Pieroni comprò direttamente una stazione televisiva).

Craxi fu acuto interprete dei bisogni della società corrotta e dei poteri forti. E, infatti, il berlusconismo non è stato altro che la versione plebiscitaria del craxismo (perché va ricordato, il grande statista, morto latitante e condannato a 10 anni per corruzione, non andò mai oltre il 14%).

Che lo Strega fosse una cosa poco seria, quindi, si sapeva: Piccolo era vincitore annunciato già prima che il libro uscisse in libreria. Quest’anno, però, abbiamo davvero toccato il fondo. E per favore, giù le mani da Berlinguer, lo avete già stuprato abbastanza negli ultimi mesi. Lasciatelo in pace.

1 commento su “Se #Piccolo vince lo Strega grazie a #Berlinguer”

  1. Mah, condivido in parte, sono piuttosto provato da tutta questa esegenesi di Berlinguer, capisco di essere in bocca al leone, ma credo che anche un film come quello di Veltroni sia altrettanto stuccchevole e raffazzonato, se uno va a vedere UNA e dico UNA cosa fattiva del periodo berlingueriano oltre a tantissime parole e tantissimi discorsi, cos’é rimasto..?
    Tutte le battaglie dei radicali e dei socialisti come l’aborto, il divorzio e tutte quelle grandi modernità della vita di tutti i giorni, chi le appoggiava? Berliguer? per piacere.. Togli il mito del piedistallo, magari lo interpreti meglio e capisci la sua reale portata storica.

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