#Aborto: la cronaca fa più rumore della protesta

Valentina Magnanti è la donna che pochi giorni fa è stata letteralmente costretta ad abortire nel bagno di un ospedale, complice una legge pessima (la famigerata Legge 40) e l’ormai esagerata presenza di obiettori negli ospedali italiani (con contorno di non meglio identificati attivisti antiaborto). La triste storia della 28enne romana l’abbiamo letta su tutti i principali quotidiani e se n’è ovviamente parlato a lungo.

Ma il 4 marzo, sempre a Roma, un gruppo di donne ha “occupato” la sede dell’Ordine dei Medici (nel Lazio 8 medici su 10 sono obiettori). Le manifestanti fanno riferimento alla rete #iodecido e sono state non proprio gentilmente allontanate dalle forze dell’ordine. Le richieste delle manifestanti erano molto chiare e di attualità decisamente stringente:

  • accesso libero e gratuito all’aborto per ogni donna, anche senza permesso di soggiorno in qualsiasi struttura sanitaria pubblica e in qualsiasi momento. Il medico che obbietta si rifiuta di erogare una prestazione sanitaria e quindi di compiere il suo dovere.
  • possibilita di scelta effettiva fra aborto chirurgico farmacologico (pillola ru486), in regime di day hospital
  • reperibilità h 24 in ogni territori del Levonorgestrel
  • prescrizione in pronto soccorso del Levonorgestrel senza ticket e senza l’autorizzazione dei genitori per la dimissione delle minorenni
  • autonomia decisionale e partecipazione attiva di ogni donna a tutto il percorso nascita (gravidanza, parto, puerperio)
  • rispetto delle evidenze scientifiche sul parto con riduzione degli interventi medici ai soli casi di effettiva urgenza e necessità e comunque previo consenso libero e informato della donna (taglio cesareo, episiotomia, manovra di kristeller, induzione farmacologica, rottura artificiale delle membrane, etc..)
  • nessun bambino deve subire interventi medico farmacologici non necessari o trattamenti chirurgici cosmetici su genitali sani solo perché “atipici”
  • depatologizzazione della condizione trans
  • riduzione delle liste di attesa e dei costi della perizia dei diversi servizi per la re-attribuzione chirurgica del sesso

Chi ne ha parlato? Qualche blog e i siti ContropianoIl Corsaro, Onda Rossa e Giornalettismo. Gli altri media? Non pervenuti. Sul fatto di cronaca si sono lanciati a capofitto, ma sull’occupazione di martedì 4 marzo hanno preferito sorvolare. Certo, se le attiviste avessero lanciato un sasso contro una finestra ora parleremmo della loro inaudita violenza in tutti i talk show, ma anche in questo caso non ci sarebbe spazio per le loro richieste.

Non esiste nessun modo, nemmeno provocatorio, per scatenare un dibattito vero sui diritti, si tratti di aborto, fine vita o persone transgender: la verità è che in Italia manifestare è come mettersi a urlare contro un sordo.