Dalle stelle alle stalle, cronologia di un inganno

Il fenomeno del M5S non è nato per caso e nemmeno per una serie di più o meno fortuite coincidenze storiche e politiche. É nato e cresciuto come un modo diverso di concepire la politica e le istituzioni al servizio dei cittadini. É nato (formalmente nel 2005, con gli “Amici di Beppe Grillo”, ma di fatto con il V-Day bolognese del settembre 2007) perché era sempre più evidente e drammatica l’inesistenza di un’opposizione non tanto politica quanto piuttosto etico-culturale al berlusconismo.

Ed è palese che una così forte e intensa legittima richiesta di netta e radicale alternativa non poteva trovare un adeguato interlocutore in quel governo Prodi composto da 12-13 partiti e partitini privi persino di un progetto di cultura democratica e costituzionale, interessati al più a scalzare Berlusconi dalla poltrona così a lungo occupata. Il naufragio di quel confuso e miope progetto riportò le destre al governo, piazzando post e neo fascisti nelle più alte istituzioni della Repubblica, nei ministeri, nella Rai, nelle authority, nei sottoscala polverosi e pericolosi dei servizi non troppo segreti.

È stato, quel naufragio del centrosinistra, il migliore biglietto da visita per chi, come il MoVimento fondato da Beppe Grillo, sosteneva l’inadeguatezza etica, morale, culturale, politica e istituzionale della sinistra italiana nell’affrontare con il necessario coraggio tutti i problemi dell’Italia di quel primo e sonnolento decennio del Terzo Millennio. Il M5S intanto cresce, si struttura in “circoli” sulla Rete (i meetup) e inizia a candidarsi alle elezioni comunali e regionali; è nel 2010 che c’è la svolta, in cui una sinistra degna di questo nome (e che quindi interpreta prima e meglio di chiunque altro i mutamenti e le istanze sociali) avrebbe dovuto comprendere la portata del fenomeno M5S: alle elezioni regionali piemontesi il mutandaro Cota vince con uno scarto di meno di diecimila voti sul centrosinistra di Mercedes Bresso, e intanto 90 mila decisivi voti di sinistra vanno al pressoché sconosciuto M5S, autore di una campagna capillare fatta nei mercati e nelle piazze e tutta improntata sulla tav da non fare, la sanità da ricostruire, la difesa dei beni pubblici e la lotta alle mafie; ciò che la sinistra aveva il dovere di dire e fare e che invece appalta a un movimento personalista, padronale e in molti tratti settario, privo di cultura politica e visione storica.

Ma oggi, nel 2014, quel movimento improvvisato ma che poneva questioni vere e sentite non assomiglia per nulla, se non nella forma esteriore, a quel movimento che urla “boia chi molla” nel Parlamento repubblicano; quel movimento in cui i parlamentari trovano escamotage fiscali per non pagare i contributi INPS ai portaborse, come nella tradizione della peggiore casta; quel movimento che paga con i soldi dei cittadini migliaia di euro mensili dati a un concorrente del Grande Fratello.

Questa miserrima involuzione era prevedibile nella misura in cui una simile forza politica basa se stessa non su identità e ideali chiari, ma solo su un pur legittimo sentimento anticasta. Ma essere contro i privilegi non basta, perché significa prendere in giro i cittadini, ridurli ad acritici applauditori di un capo-messia che predica la democrazia diretta e invece vuole dirigere l’oclocrazia. Il misero naufragio culturale di quel progetto che a tanti era parso una via di fuga dal clientelismo e dalla partitocrazia si traduce ora nel rischio concreto di un contenitore politico basato solo sul qualunquismo e lo sfruttamento a scopo di lucro elettorale delle macerie sociali, economiche e morali di questo Paese.

La spinta etica iniziale del M5S doveva essere colta (anche criticamente, perché la critica è sempre un bene) e capita da chi si candida a rappresentare il progresso civile, sociale ed economico del Paese, ossia la sinistra; non solo questo non è stato fatto, ma si sono aggiunti errori palesi di strategia politica. Ci vuole una sinistra competente e onesta, bella e sincera, sognatrice e ragionevole, pragmatica e culturalmente radicata, operosa e operaia, umile e insieme degna, che dia a questa malconcia Italia ciò che si merita: opportunità e futuro.