La governabilità di Berlusconi e di Renzi

Sui banchi di scuola abbiamo appreso che esistono due modelli fondamentali di “democrazia”, la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa. In questi giorni, tuttavia, siamo rimasti sconcertati perché abbiamo constatato che i nostri insegnanti appartenevano ad una banda di ignoranti. La priorità in un sistema democratico è infatti la governabilità, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi dixerunt. Si vede che entrambi hanno avuto la fortuna di poter studiare all’interno di istituti scolastici migliori rispetto ai nostri…

Il progetto di una nuova legge elettorale, presentato dal nipote fiorentino di Fonzie e di Tony Blair e dal pregiudicato di Arcore, porterà alla resurrezione del Porcellum ed al trionfo del mito italiano degli ultimi vent’anni chiamato “governabilità”. Le liste bloccate sono nuovamente al centro della scena e la maggioranza assoluta dei seggi potrà essere assegnata ad una minoranza avversata dal 63% del corpo elettorale. Inoltre, i partiti che si presenteranno da soli alle elezioni politiche dovranno raggiungere la soglia abnorme dell’8% per poter ottenere qualche scranno in Parlamento: lo sfregio al principio della rappresentatività è stato dunque compiuto in modo a dir poco plateale e la sentenza della Corte Costituzionale è ormai carta straccia.

La “piena sintonia con Forza Italia” di Matteo Renzi non è affatto casuale. Il sindaco di Firenze è un prodotto del berlusconismo e la sua concezione della democrazia è assai simile a quella del padre padrone del Centrodestra italiano. Nella visione politica di Renzi e di Berlusconi, infatti, il potere esecutivo deve avere una netta prevalenza su quello legislativo, ridotto al ruolo di passacarte delle autorità governative; i cittadini si devono limitare ad incoronare ogni cinque anni il premier di turno, il quale deve potersi godere i frutti di una maggioranza parlamentare composta da maggiordomi nominati direttamente da lui e deve quindi poter fare il bello ed il cattivo tempo; le minoranze, i tanto vituperati “piccoli partiti”, o non devono nemmeno essere rappresentate all’interno delle assemblee legislative oppure devono limitarsi a qualche lamentela occasionale, senza disturbare troppo il manovratore “unto dal voto popolare”. L’aggettivo migliore per descrivere questa aberrazione istituzionale e culturale è “fascistoide”.

Il Partito Democratico, la principale forza politica della “sinistra”, è dunque uno dei due  artefici di questo vero e proprio schiaffo autoritario ai principi di una sana democrazia rappresentativa. Se il partito di Matteo Renzi è la speranza “progressista” del futuro, non ci resta che piangere.