Se ritorna la Balena

Sta tornando.

I diretti interessati lo negano, e non potrebbero fare altrimenti, ma gli avvenimenti delle ultime settimane lo mostrano chiaramente: la Balena Bianca è uscita dal letargo ventennale in cui era caduta.
Sia chiaro, non che in questi anni non abbia fatto sentire la propria influenza nella politica italiana, sappiamo fin troppo bene come il tema dei diritti civili sia, nel nostro Paese, fortemente condizionato dalla morale cattolica di cui molti esponenti bipartisan sono pregni, ma la “scissione-non scissione-diversamente scissione” delle cosiddette “colombe” del PDL in occasione del voto di fiducia al governo Letta ha reso palese ciò che già era nell’aria ormai da qualche tempo, e in particolare dall’insediamento dello stesso governo Letta.

Non si tratta di un evento che avverrà nei prossimi giorni o nelle prossime settimane, probabilmente nemmeno nei prossimi mesi, ma il processo di ricomposizione di un partito centrista e di ispirazione cattolica pare ormai avviato.
A produrre lo strappo con Berlusconi, infatti, è stata proprio l’ala più moderata del suo partito, ma anche più retrograda, i neoconservatori, per intenderci, gli orfani della Democrazia Cristiana, gli Alfano, i Giovanardi e i Formigoni, mentre con il capo sono rimasti i pasdaran e qualche “cane sciolto”, sia tra i più liberali (come Galan) che tra gli ex AN (vedi Gasparri).
Certo, a seguito del repentino voto di fiducia accordato da Berlusconi al governo, la frattura si è momentaneamente ricomposta, ma quello dei “diversamente berlusconiani” è stato un primo passo in una direzione precisa, una spaccatura molto più netta di quanto possa apparire.

Indubbiamente, a rallentare questo processo di ricostruzione democristiana è anche la presenza in campo dello stesso ex Cavaliere, ma (sembra impossibile, ma accadrà davvero, prima o poi) anche lui dovrà lasciare, e allora i tempi saranno maturi per eliminare dal nostro Paese un bipolarismo mai davvero sbocciato, da tutti ufficialmente auspicato, ma mai realmente desiderato, quando non chiaramente avversato.

Una nuova DC 2.0 non è certo una prospettiva che entusiasma la sinistra, ma ancora peggio è se si pensa che tra gli azionisti di maggioranza di questo nuovo grande centro potrebbe esserci Comunione e Liberazione. Molti degli “scissionisti”, infatti, sono direttamente o indirettamente legati a quest’associazione cattolica, centro di potere economico e politico: Formigoni e Lupi in primis, ma anche premier Letta e vice-premier Alfano sono ospiti fissi del meeting di CL che si tiene ogni anno a Rimini; il pericolo è quello di un partito che si faccia “braccio armato” (politicamente armato, ovviamente) degli interessi e dei gruppi di potere che in CL trovano espressione.

Della possibilità che rinasca un “grande centro” nella politica italiana se ne parla da almeno un decennio, dunque è difficile dire se questa volta sia quella buona e soprattutto se accadrà in tempi brevi o meno.

Quel che è certo, però, è che, se all’orizzonte si vede un ritorno del centro democristiano, della vecchia sinistra comunista ancora non c’è traccia.