Prima di essere scienziati si è cittadini

Il 19 Settembre si è tenuta, di fronte Piazza Montecitorio a Roma, la manifestazione “Non c’è futuro senza ricerca” organizzata dall’associazione Pro-Test Italia, contro gli emendamenti alla direttiva europea 2010/63 in materia di Sperimentazione Animale. Ho partecipato perché sono convinto che gli emendamenti inseriti dal parlamento italiano alla direttiva europea, oltre a far perdere di competitività l’Italia, rischiano di cancellare il 90% della ricerca sul cancro fatta nel Bel Paese.

In precedenza ho già scritto riguardo questa direttiva e questa volta non voglio entrare nel merito della questione.

Tenevo più che altro a fare il punto sulla situazione attuale e su alcuni dei motivi che ci hanno portati a dover manifestare sotto Montecitorio. Se siamo arrivati a questo punto, cioè che il rischio di cancellare la ricerca (sì, si parla di ricerca cancellata) in Italia è diventato concreto, la colpa è anche e sopratutto di noi scienziati.

Gli emendamenti inseriti nella direttiva, che sono estremamente restrittivi, se non in contrasto con la direttiva stessa, sono il frutto di anni di mobilitazione animalista. Mentre gli animalisti, anche a volte in buona fede, si attivavano in tutti quei processi che un comune cittadino mette in opera per far ascoltare la propria voce, noi scienziati eravamo chiusi nei nostri laboratori, “troppo impegnati” nel proprio lavoro per far valere le proprie ragioni e fare una corretta divulgazione scientifica. Mentre gli animalisti parlavano con i media e con i politici, raccoglievano firme e spiegavano ai cittadini le loro motivazioni, noi scienziati avevamo “esperimenti importanti da fare”. Il giorno in cui chiuderanno i laboratori, non ci sarà nessun esperimento importante da fare. So che quello che sto dicendo è impopolare nel mondo della scienza, visto che in Italia, purtroppo, uno scienziato che fa divulgazione scientifica è considerato come uno che “non è riuscito” nel campo scientifico.

Non voglio essere frainteso, so perfettamente che a volte ci sono delle scadenze e dei tempi tecnici da rispettare. Ma penso che una persona in grado di stilare un protocollo scientifico, sia anche in grado di pianificare un giorno ogni sei mesi da dedicare al suo essere cittadino. Dico questo perché in Piazza Montecitorio eravamo circa un migliaio di ricercatori a fronte di un numero cento volte superiore di persone che svolgono ricerca nelle scienze della vita in Italia.

Mi chiedo: c’è il rischio che chiudano i laboratori e solo l’1% è sceso in piazza per farsi ascoltare?

Questo lo trovo inaccettabile.

1 commento su “Prima di essere scienziati si è cittadini”

  1. Senza voler innescare alcuna polemica vorrei sottolineare che a fianco degli animalisti ci sono numerosi scienziati che pensano che la ricerca debba oggi essere svolta in un’altro modo. Prima di essere cittadini, scienziati e animalisti, siamo persone e come tali in grado di ragionare, pensare, scegliere, in base alle nostre conoscenze ma anche in base ad un’etica e ad una morale che appaiono sempre più perse e dimenticate. Ciò che poteva essere accettabile e/o indispensabile ieri può non esserlo più oggi.

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