L’Italia è lenta

“Il petrolio sta finendo!”, “ci sarà una guerra nucleare!” Quante di queste frasi sentiamo e leggiamo da anni, senza che poi accada nulla? Tante. Tante volte. Sempre uguali. Il M5S: qualcosa di nuovo, la democrazia dal basso, internet. Poi arrivano le elezioni e la piattaforma è solo in fase embrionale, Grillo decide come muoversi. Presto che è tardi.

“Non c’è tempo, ci sono altre priorità” ecco come chiudere un dibattito sui diritti civili, che si parli di case, di reddito di cittadinanza o di disabilità. C’è sempre qualche altra priorità. La finanziaria. Lo spread.

La verità è che l’umanità è lenta, più lenta di come la immaginavano Asimov o Bradbury. Lenta nelle cose peggiori come in quelle migliori, lenta a capire, recepire, estendere. Lenta nei diritti, lenta nell’istruzione. Lenta nella ricerca, lenta nella cultura. Avanziamo poco, regrediamo poco.

L’Italia è lentissima. A quasi 30 anni ti ritrovi a combattere per le stesse cose per cui combattevano i tuoi genitori e i tuoi nonni: l’articolo 18, la cassa integrazione, la disoccupazione, il diritto alla salute, all’istruzione. A quasi 30 anni sai che all’estero si candidano i creazionisti, poi scopri che uno come Roberto de Mattei è stato, nel tuo Paese, e per ben due volte, vicepresidente del CNR.

Penso a un omosessuale più o meno della mia età, se non lo è già presto si innamorerà e magari vorrà sposarsi. Oggi va ai Gay Pride, oppure milita in qualche associazione, in qualche partito politico. Ne parla, vuole che se ne parli. Questo ragazzo oggi ha quasi 30 anni, è l’età in cui tanti si sposano. Ma può aspettare, una legislatura, forse due. Può aspettare ancora un po’, il tempo che la crisi finisca, quando passerà potremo concentrarci sui diritti.

E intanto la crisi resta e se non c’è la crisi c’è il debito, la criminalità, gli esodati, i precari. Lui intanto compie 40 anni e va bene lo stesso, perché tanti si sposano a quell’età. Ma un po’ si stufa di lottare. Ci sono le bollette, le cure mediche, il lavoro, come sono lontani gli anni della militanza e dei sogni!

Così di anni ne compie 60 ed è ancora innamorato come a 30, anche quello, per fortuna, a volte non cambia di una virgola. Eppure un po’ comincia a sentire quella brutta sensazione della vita che sta finendo (il mutuo no, quello mai). C’è un’altra crisi, il petrolio scarseggia, Iran e Israele vogliono farsi la guerra da almeno mezzo secolo, la Cina è vicina, ma non troppo. Le risorse rinnovabili non decollano, l’acqua sta finendo, la gente in Africa muore di fame.

E anche un vecchio italiano sta morendo. Non sa se il suo compagno potrà tenere la casa, perché il mutuo è a nome suo, accidenti che cretino, mi sono fatto infinocchiare dalla banca. Se starà male tanto da ridursi a un vegetale non potrà decidere come morire. Non si potrà nemmeno fare una canna per alleviare il dolore quando diventerà insopportabile.

Si chiede per chi ha combattuto quand’era giovane. Non per se stesso, non per la nuova generazione, forse per le prossime quattro o cinque. Viene un prete ma lui non è cattolico: il prete viene uguale perché qui si usa così (e bisogna pure pagarlo).

L’Italia è lenta e la nostra vita è troppo rapida. Siamo giovani, ma invecchiamo, e il tempo necessario per godere dei nostri diritti scarseggia. Non siamo più noi il futuro, siamo il presente, siamo già passato. Combattiamo e ci indignamo. Ma per chi?