Il traffico non uccide più della mafia

Tale Paolo Pinzuti, anonimo blogger del Fatto Quotidiano, ha pubblicato un articolo in cui sostiene una tesi fantastica, perché è vecchia di 40 anni: il traffico uccide più della mafia. Sottinteso: occupiamoci del traffico, non della mafia.

Indovinate chi fu l’artefice di tale geniale teoria? Ma certo, proprio lui, Salvo Lima, il vicerè di Andreotti in Sicilia che teneva i rapporti con Cosa Nostra. Lui e tutta la sua combriccola (lo stesso Nando Dalla Chiesa spesso racconta come negli anni ’70 partecipasse a dibattiti in cui si diceva che c’erano più morti per le strade che per mafia, quindi non era un grave problema).

Dopo un pietoso inizio in cui si lamenta della propria magra figura alla Festa di Repubblica, il Pinzuti si “vendica” della platea disinteressata sfornando numeri geniali:

Dopo alcune ricerche, ho scoperto che, negli ultimi dieci anni,

  • sono morte 82 persone per mano delle mafie
  • sono morti 88 militari italiani in missione di pace all’estero (quelli per cui la nazionale porta il lutto al braccio)
  • sono 9.000 i morti sul lavoro in Italia (quelli di cui nessuno parla)
  • sono 56.641 i morti sulle strade in Italia.

Condisce il tutto dicendo che il traffico ci costa il 2% di PIL e che è la prima causa di morte tra i giovani tra i 15 e i 34 anni. Bravissimo. Quindi?

Quindi il Pinzuti dovrebbe sapere che la criminalità mafiosa, oltre a degradare il territorio su cui opera, non fa solo vittime eccellenti (anzi, la strategia degli ultimi 20 anni è stata proprio quella di ridurle al minimo indispensabile per evitare reazioni simili a quelle del ’92), ma fa anche parecchie vittime “passive”: lo sversamento di rifiuti tossici delle grandi imprese del Nord al Sud, ad esempio, fa decine di migliaia di vittime e falcidia interi paesi del Mezzogiorno. Senza contare che un recente studio di Bakitalia quantifica in un 20% di PIL il costo della criminalità mafiosa.

Poi dovremmo parlare anche del degrado politico e sociale che la presenza mafiosa aggiunge al mancato progresso economico. Del degrado civile e morale. Delle risorse indebitamente sottratte attraverso evasione fiscale, riciclaggio, corruzione, che servono per finanziare veri e propri eserciti che non operano solo sul territorio nazionale.

Ridurre il problema a quattro righe, come fa il Pinzuti, è semplicemente da “cretini”, nel senso sociologico del termine spiegato da Nando Dalla Chiesa. Il cretino, infatti, «farà spontaneamente, spesso in buona fede, ciò di cui la mafia ha bisogno. Di più: lo farà gratis. E se ci sarà da omettere, ometterà. Più in generale: se ci sarà da capire, lui non capirà. Anzi, porterà a sostegno delle azioni o delle omissioni desiderate dai clan nuove e insospettabili argomentazioni. Talora con entusiasmo da neofita. Userà parole che i clan, o gli ambienti ad essi vicini, non avrebbero saputo inventare o rendere credibili.»

Eccole le nuove (in realtà vecchie di 40 anni) argomentazioni: il traffico uccide più della mafia. E allora via a sanzioni più severe per gli automobilisti e dei mafiosi si occuperà qualcun altro… e se ci scappa il morto, “ce ne sono di più sulle strade“.

Che poi, cosa ne sa il Pinzuti quanti tra quegli incidenti stradali in realtà nascondono incidenti derivati dall’attività criminale mafiosa? Non può saperlo, perché un fenomeno statisticamente spurio, ovvero la relazione causa-effetto non è immediata. Se uno ha consumato alcolici oltre al dovuto in un locale gestito dalla mafia? O ha consumato droga in quel locale? E se invece stavano sfuggendo ad un posto di blocco e si sono schiantati?

Il problema, come al solito, è di civiltà ed è connesso al rispetto delle regole (sfido qualche ciclista a giurare su se stesso il rispetto del codice della strada sempre e comunque). La presenza mafiosa altera civiltà e diffonde “batteri” culturali antitetici a quelli del rispetto delle regole. Non è difficile da capire.

Ma evidentemente i cretini non ci arrivano proprio, aveva ragione Giovanni Falcone.

P.S. Il Fatto dovrebbe decisamente cominciare a controllare la qualità dei suoi contenuti. E’ da tempo, oramai , che si è notevolmente abbassata. Così come, mi dicono, anche le copie vendute. Ci pensino Padellaro e Travaglio.