Due facce della stessa medaglia

Cronache dalla Palestina è la nuova rubrica di una nostra blogger, nome d’arte “Valchiria”, operatrice umanitaria nei territori palestinesi. In questo report si parla di un ristorante, abbattuto da soldati israeliani con tanto di autorizzazione da parte dei palestinesi. All’origine della demolizione una rivalità familiare e il classico caso di corruzione.

27 aprile 2012 , ristorante a Bayt Jala, vicino Betlemme, territori occupati Palestinesi:

una serata piacevole tra amici, molti dei quali lavorano per organizzazioni non governative e Nazioni Unite. Il ristorante è famoso per il suo “Makluba”, una specialità del medio oriente. E’ un piatto a base di riso che deve cuocere delle ore prima di essere servito; quindi meglio avvisare in mattinata il ristorante circa il numero delle persone che verranno in serata e l’orario indicativo. “Makluba”, in arabo significa “Capovolta” e deriva dalla fase finale di preparazione della ricetta, in cui il contenuto della pentola viene appunto rovesciato sul piatto. Sicuramente da consigliare a chi viene in visita da queste parti.

4 maggio 2012, questo ristorante a Bayt Jala non esiste più.

La mattina presto, una squadra di operai scortati da soldati israeliani ha smantellato il ristorante. Ora è solo un cumulo di macerie. Perché? Le giustificazioni sono state diverse. Una motivazione era quella secondo cui il ristorante si trovava in una zona al confine con il distretto di Gerusalemme, considerata dallo stato di Israele territorio israeliano e quindi le costruzioni che si trovavano in quella zona erano considerate abusive. Però l’autorizzazione a demolire portava la firma della P.A., la Palestinian Authority. Come mai? Indagando, si è scoperto che molto probabilmente la motivazione era un’altra. Un membro della famiglia dei proprietari del ristorante, avendo delle remore nei confronti di qualche membro della stessa, sembra abbia chiesto un’autorizzazione alla PA per richiedere la demolizione del ristorante all’autorità israeliana, la quale, ben contenta, non aspetta altro che poter demolire più strutture possibili e continuare la sua conquista malsana del territorio. Dunque una disputa tra familiari palestinesi che insieme al malfunzionamento e soprattutto alla corruzione all’interno della PA ha portato alla distruzione del ristorante a Bayt Jala.

L’Autorità Palestinese ha dato il lascia passare ai soldati israeliani, come fossero non due entità antagoniste bensì due istituzioni in rapporti amichevoli che si mettono d’accordo su cosa demolire senza considerare le persone che vivono e lavorano in questa terra, che più che Santa sembra quasi Maledetta.

Perché cacciare la gente dalle proprie case, costruire muri di segregazione, imprigionare palestinesi senza motivo, umiliarli ai posti di blocco, tutto questo è reato contro i diritti di ogni singola persona. La colonizzazione che lo stato di Israele sta continuando a fare è illegale. Secondo il diritto internazionale, le colonie di popolamento sono illegali. La Corte internazionale di giustizia ha confermato l’illegalità degli insediamenti israeliani, che violano l’art. 49.6 della Quarta Convenzione di Ginevra: «La potenza occupante non potrà mai procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della propria popolazione civile sul territorio da essa occupato».

In più, l’art. 8.2,b,VIII dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale definisce «il trasferimento, diretto o indiretto, da parte di una potenza occupante, di una parte della propria popolazione civile, sul territorio da essa occupato» come un crimine di guerra. Senza distinguere tra insediamenti nuovi o ripristinati (Hebron o Gush Etzion), il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite hanno condannato più volte Israele per la costruzione e l’ampliamento delle colonie.

Ma cosa succede quando una famiglia si trova senza la propria fonte di reddito, onesta e pulita, come l’avere un ristorante? E quando ti viene detto che a breve verrà demolita anche la tua casa perché non si trova nell’area “giusta”?  Nulla. Nessuno interviene. Soprattutto quando ti viene presentato un foglio che porta la firma dell’Autorità Palestinese.

Il problema è che il giro di interessi è alto e sembra che ad alcuni convenga che questo conflitto continui. Senza contare che sono tanti i palestinesi comprati da Israele che conclude affari con le alte sfere della Palestina a scapito ovviamente del popolo che subisce, sempre, in continuazione.

Perché da queste parti c’è un vero e proprio giro d’affari, e per alcuni conviene che si continui così. Se si considera l’aiuto pro-capite, i palestinesi sono tra i principali destinatari degli aiuti dell’UE nel mondo e l’Unione europea è il principale donatore per la popolazione palestinese. Aggiungiamo anche tutto il giro di compra vendita di armi qui nel medio oriente, con l’aiuto degli USA.

Dove ci sono tanti soldi c’è corruzione e chi ci perde è solo la gente comune che vuole vivere in pace, avere un lavoro onesto, fare famiglia ed essere felice con poco. Di gente così qui ce n’è tanta, cristiani, musulmani ed ebrei che vogliono vivere tranquilli e non ne possono più di questa guerra che ha smesso di riguardarli.