Storia di un felice matrimonio tra pubblico e privato (forse)

Nel 2011 la FDA (Food and Drug Administration, USA) ha approvato 35 NME (New Molecular Entities, ovvero molecole completamente nuove), gli investimenti delle principali case farmaceutiche europee e statunitensi nel settore R&D si attestano tra il 14 e il 19% del fatturato e sono perfino aumentati negli ultimi anni, soprattutto a seguito dello sviluppo di scienze nuove, quali la proteomica, la genomica, la microfluidica, le nanotecnologie. Le aziende che si occupano esclusivamente di biotecnologie hanno visto aumentare esponenzialmente il loro fatturato. Con l’avvento di tecnologie e conoscenze sempre più innovative è vero che si investe di più, ma il costo dei reparti R&D è raddoppiato di anno in anno a partire dal 2000.

In media solo una molecola su 10000 diventa un farmaco e perché questo avvenga devono trascorrere più o meno 10 anni tra scoperta, trials pre-clinici e clinici e approvazione definitiva. La maggior parte delle molecole che oggi vengono immesse nel mercato sono le cosiddette me-too drugs (e quindi non NME), ovvero molecole molto simili per struttura ed effetti ad altre già in commercio. I brevetti non hanno durata infinita e spesso alla scadenza di uno corrisponde la messa in commercio del corrispondente farmaco generico: l’industria che deteneva il brevetto si difende come può, mettendo in commercio un farmaco me-too oppure continuando a vendere lo stesso prodotto, affidandosi all’affezione che si è instaurata col tempo tra marchio e cliente. Sempre che nel corso degli anni quella stessa azienda non abbia subito gravi danni d’immagine, si pensi a Bayer e GlaxoSmith&Kline

Il settore farmaceutico è quindi entrato in un periodo di crisi e non può più permettersi di fare tutto “in casa” ma deve forzatamente rivolgersi altrove: e dove se non nei laboratori accademici? Il personale universitario ha le capacità e le competenze per individuare nuovi target, nuove molecole e sviluppare vie di sintesi o di produzione biologica, ma non ha a disposizione nessuno strumento (soprattutto finanziario) per eseguire i trials, che è invece la specialità delle aziende farmaceutiche. Si tratterebbe quindi di un vero ponte tra la ricerca di base e l’industria, una mossa assolutamente necessaria in un momento in cui le più grandi aziende chiudono i reparti R&D perché troppo onerosi a fronte dei profitti. Piccola parentesi: in Italia invece di rivolgersi altrove i reparti di ricerca e sviluppo chiudono e basta (salvo rare eccezioni) e fanno ben poco per rimanere competitive (fonti: AIFA, il Fatto Quotidiano, IdV e sì… Bocconi).

Il California Institute for Biomedical Research (CalIBR) è sostenuto oggi dal gigante tedesco Merck che mette a disposizione di ricercatori di tutto il mondo interessati al progetto il vil denaro (42 milioni di dollari per i primi 3 anni e 90 milioni in prospettiva nei primi 7) e per questo si riserva, in caso di scoperta di interesse farmacologico, la priorità della trattativa: se Merck o il gruppo di ricerca non è interessato il vincolo scompare e il gruppo può trattare con qualsiasi altra azienda.
Che cosa cambierà? Innanzitutto non c’è una reale imposizione della politica aziendale sull’operato accademico e non si rischia d’imbrigliare sia il ricercatore sia chi lo finanzia: il primo alle logiche di mercato, il secondo agli oneri legali e finanziari del normale iter di sostegno di un lavoratore formalmente dipendente dal settore pubblico. Di contro l’azienda (in questo caso la Merck) può usufruire pienamente del potenziale innovativo che è tipico del sistema universitario. Su un percorso molto simile si stanno muovendo anche altri colossi quali Pfizer, Sanofis e GlaxoSmith&Kline.

Dire oggi che questo tipo di approccio funzioni è difficile, sarà necessario aspettare una ventina d’anni per vedere se effettivamente qualche nuovo composto sarà in grado di entrare nel mercato e molti di più per verificarne il peso nei vari sistemi sanitari: un nuovo modello di ricerca è necessario, la sfida di Merck e di Peter G. Schultz è che il loro sia quello giusto.

* Notizia tratta da: New Institute Aims to Help Academics Make Medicines di Robert F. Service (Science, 16 Marzo 2012)