11 marzo 1977

Trentacinque anni sono passati da quell’undici marzo 1977 in cui perse la vita Francesco Lorusso, allora 25enne, studente di medicina vicino alla laurea, militante di Lotta Continua.

Colpito alla schiena da un proiettile sparato da un carabiniere che mai pagherà per quell’omicidio. La sua colpa? Insieme ad altri quattro compagni voleva entrare in un’assemblea pubblica di Comunione e Liberazione tenuta nella sua facoltà, ma gli fu impedito. In verità, furono malmenati e cacciati via. La notizia si sparse subito per tutta l’università. Per primi arrivano 30 studenti, che si ritrovano a fronteggiarne 400: eppure, i ciellini si barricano nell’aula e chiamano polizia e ambulanze ancora prima che sia successo qualcosa.

Potete immaginare lo schieramento imponente di mezzi da parte delle forze dell’ordine, visto chi era a comandare il ministero degli interni ai tempi (il grande “statista” Kossiga). Solite cose: carabinieri in tenuta anti-sommossa, manganellamenti a prescindere… e ai militanti della sinistra extra-parlamentare non tocca che scappare.

Ecco, così muore Francesco. Stava scappando quando viene raggiunto alla schiena da un proiettile. Stando alle cronache del tempo, i dipendenti della Zanichelli hanno visto “un carabiniere senza bandoliera esplodere una serie di colpi di pistola ad altezza d’uomo e in rapida successione appoggiando il braccio armato su un’auto parcheggiata per meglio prendere la mira contro i manifestanti.

Il carabiniere si chiamava Massimo Tramontani, non pagherà mai per quell’omicidio. Il proiettile non fu mai ritrovato, quindi non si potè risalire nè al calibro, nè alla pistola nè tanto meno si potè fare una perizia balistica. Tant’è, uno studente di 25 anni morto ammazzato, un futuro medico mancato.

Quando si parla di quegli anni, bisognerebbe anzitutto sforzarsi di comprendere le ragioni, di provare a mettersi nei panni degli altri, prima di emettere sentenze, condanne e giudizi morali. C’è un vizio oramai radicato in Italia, sia a destra che a sinistra, che basa qualsiasi giudizio politico a prescindere dalle condizioni storiche interne e internazionali in cui l’uomo oggetto di giudizio si trovava ad operare.

“Col senno di poi”, dicono quelli che magari quella persona l’hanno seguita, sperando di pulirsi la coscienza. Ma del senno di poi, come è noto, sono piene le fosse. E la storia non si fa con i “se” e con i “ma” (basterebbe studiarla per non fare errori così grossolani).

Ognuno la pensi come vuole (di certo il sottoscritto non simpatizza per le posizioni di allora di Lotta Continua, essendo un berlingueriano), certo è che di fronte alla morte di un ragazzo tutti dovrebbero avere la decenza di ricordarlo. Se non altro perché, a differenza di altri, è morto lottando per un ideale e non per vil denaro.

21 commenti su “11 marzo 1977”

  1. la storia dice, segna, insegna. la storia và raccontata, essa deve essere argomento di piazza, nella mente dell’agorà. la storia dimentica, la storia dimenticata. ogni giorno la mia mente è pervasa da domande, quesiti, speranze. la mia anima è afflitta e preoccupata…la mia consapevolezza del delirio socio politico economico in cui viviamo mi riempie di rabbia, di frustrazione, senso d’impotenza… ma il cambiamento parte da noi, nasce con noi, con ognuno di noi e dentro noi stessi. noi giovani dobbiamo credere in questo, dobbiamo emergere dal fango, dare l’esempio a chi verrà e a chi c’è già stato. lo strumento contro l’oppressione e l’indottrinamento è l’informazione. bravi, continuate così!!!
    edda scirè, 26 anni, pachino (sr).

  2. anch’io avevo 15 anni ma ricordo moto bene la tensione che c’era a Genova, i posti di blocco con i mitra puntati……. una volta mi hanno perquisito con il mitra puntato solo per divertirsi con una ragazzina………. eccome che ricordo!

  3. è opportuno mantenre vitali quesi ricordi, e rifletterci almeno, se non si può proprio agire

  4. Io, bambina, ero in centro con mia mamma quel giorno: ricordo le saracinesche abbassate, i poliziotti che marciavano in assetto antisommossa con i lacrimogeni nei fucili pronti per essere sparati….e ricordo una corsa folle per scappare da quel disastro, la mamma che per farmi correre veloce cantava: questa é la corsa di resistenza, chi non resiste non va in licenza! Avremo fatto 5-6 km in 5 minuti!!!!! Capii solo da grande (avevo 10 anni) il pericolo che quel giorno avevamo scampato!

  5. Concordo con Antonella, anche se nel 77 avevo 14 anni e facevo le medie inferiori lontano dal centro della città. Ricordo l’anno dopo in coincidenza con il sequestro di Moro (18 Marzo 78, mi sembra), Furono giorni pesanti… Ed anche allora c’erano i black blocks, solo che si chiamavano celerini infiltrati!!! Stessa cosa!!!

  6. Anch’io ero a Bologna in quegli anni, quel giorno nella stessa biblioteca da cui uscì Francesco, I carabinieri caricavano già in via Irnerio, spararono ad altezza d’uomo, come testimoniavano i fori sui muri, in via Mascarella. Francesco una vita cancellata da un lurido servo di questo stato immondo, ladrone, ipocrita, lo stato del connubio con la mafia, lo stato basato sulla corruzione, il malaffare. Quanti giovani sono stati uccisi dai guardiani di questo sporco sistema? Perchè non lanciamo la proposta di dedicare la giornata di oggi 11 marzo a tutte le vittime dei gendarmi, degli sgherri del sistema?

  7. A Bologna si era discusso a fondo l’articolo di Pasolini sui figli dei poliziotti, a Bologna il movimento era non violento, produceva pensiero e cultura in una università autogestita da mesi. molti erano alla manifestazione di Roma, e CL occupò anatomia, c’era il sole. Tipico inizio di primavera bolognese. Si protestava verso i ciellini che lasciarano presto l’istituto di anatomia. Solo allora arrivò un plotoncino di poliziotti in quadrato, una camionetta davanti ed una dietro che non intervennero, si ritirarono derisi, a Bologna il movimento per scelta politica condivisa non era violento. Giù per via Irnerio verso piazza 8 Agosto marciavano in mezzo alla strada. Poi, all’incrocio di via Mascarella dalla camionetta scese uno degli uomini blu del generale Kuster con il mitra in mano, rapido sparò una sola sventagliata. Fino poco tempo fa c’erano ancora i fori dei proiettili sul muro all’inizio dei portici: in diagonale da una altezza di 50cm a quella di due metri. Francesco è ancora li e nei cuori. La scelta di provocare un movimento di pensiero trasformandolo in una immagine di vetrine rotte fu strategicamente preordinata dall’uccisione di Francesco alle cariche in via Ugo Bassi dai vicoli laterali ad un corteo spontaneo e pacifico. Non ci accorgemmo di quanto fosse stato tutto pianificato… anche a livello mediatico iniziò la demonizzazione del movimento, nessuno che non fosse li, poteva credere fosse vero ciò che stava accadendo. I carri armati in Porta Zamboni a Bologna. Il PCI aveva il 36 % dei voti. e poi il PDUP e DP. Il passo successivo fu Aldo Moro. Fine della possibilità, fine dell’etica e del valore dell’elaborazione della criticità quale base dello sviluppo, inizia l’edonismo e la decadenza che oggi viviamo e cerchiamo di sconfiggere.

  8. la storia non ci ha detto ancora tutto su quegli anni terribili….spero non saremo costretti a impugnare le armi contro il sistema di corruzione che dilaga sempre di più…sarebbe l’ecatombe finale per tutti…..la Grecia ci sia di monito….un saluto a tutti i compagni…..

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