La giustizia non si licenzia.

Prosa da un momento con Giovanni, Antonio e Marco.

Lo scorso 23 febbraio, la Corte d’appello di Potenza ha condannato la Fiat Sata per comportamento antisindacale in seguito al licenziamento di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, operai nello stabilimento di Melfi, iscritti alla Fiom Cgil e accusati ingiustamente di aver sabotato la linea di produzione.

La sentenza giunge in un momento difficile e particolare: mentre il governo dei tecnici minaccia di abolire l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e centinaia di operai di Pomigliano decidono di non rinunciare alla tessera Fiom pur correndo il rischio di perdere il posto, il pronunciamento che obbliga la Fiat al reintegro immediato dei tre operai ribadisce l’importanza dei diritti nei luoghi di lavoro, soprattutto dove le lavoratrici e i lavoratori sono vessati, mobbizzati, discriminati. Anche per questo la sentenza della Corte d’appello di Potenza ha un valore storico. L’impegno di chi lotta quotidianamente per la dignità del lavoro è la storia di milioni di persone. E’ la storia di uomini e donne in carne ed ossa, di famiglie schiacciate dalla precarietà esistenziale, che continuano comunque a lottare, a sperare e, come in questo caso, a vincere contro chi è arrogante coi deboli e zerbino coi potenti.

Nella tarda mattinata del 23 febbraio, mi ritrovo fuori dai cancelli del Tribunale di Potenza. Il servizio di vigilanza non mi lascia entrare, mentre molti dei compagni con cui lavoro sono, già dal mattino, nell’aula insieme a Giovanni, Antonio e Marco. Uno di loro mi avverte via sms che la sentenza è stata pronunciata, ma non me ne comunica il contenuto. Sono con le compagne che collaborano alla gestione dei progetti sull’immigrazione. Non ci resta che attendere, mentre i vigilanti continuano a ripeterci che non si può assolutamente entrare.

Dopo qualche minuto, vedo uscire il sindaco di Rionero in Vulture. Alza il pugno e capisco che è andata bene. «Abbiamo vinto!», urla con l’immancabile sigaretta fra le labbra. Cominciano a uscire tutti. Lina, uno degli avvocati difensori degli operai, è visibilmente stanca, ma ha gli occhi lucidi di gioia; esce anche Emanuele, il segretario della Fiom Basilicata: ha la solita aria tranquilla, ma non riesce a tradire l’eccitazione.

La vigilanza forse comprende la mia voglia di abbracciare un pò tutti e mi lascia varcare il cancello. C’è folla e felicità. Il primo dei tre operai che incontro è Marco Pignatelli, colui che la stampa ha definito “il soldato semplice” perchè non ricopre incarichi dirigenziali nel sindacato. Più che felice, pare stremato e sembra che abbracci le persone senza riconoscerle. Gli faccio i complimenti, si limita a comunicarmi di essere contento, passando ad altre strette di mano. Il più misurato dei tre è Antonio Lamorte: ha un cappellino Sata e mi abbraccia mentre chiacchiera con un gruppo di colleghi giunti per l’occasione. Giovanni Barozzino non fa altro che parlare al telefono; quando mi capita a tiro ed io sto per abbracciarlo mi fa segno di attendere, perchè gli squilla il cellulare; risponde: «Grazie Nichi!», mentre le lacrime gli scendono copiose sul volto. Arriva il mio turno. Giovanni mi ringrazia ed è strano essere ringraziati per la sola circostanza di sentirsi felici.

«Vogliamo solo tornare a lavorare», dichiarano alla stampa. Circola un senso di giustizia da fine calvario, mentre mi coglie la sensazione di trovarmi nel posto giusto, accanto alle persone giuste. E’ coscienza (chiamatela pure coscienza di classe). Fra la folla incontro Paolo, che mi abbraccia forte. «Questi sono i granelli negli ingranaggi» mi dice «Questo può scompaginare tutto».

Dopo la foto con la bandiera rosso-Fiom, arriva il momento di ripartire. In macchina, Emanuele il segretario dice che non è il momento di fermarsi, che è giusto festeggiare, ma che non bisogna abbassare la tensione, che si farà di tutto affinchè Giovanni, Antonio e Marco possano essere effettivamente reintegrati.

Non ha torto. La Fiat ha già dichiarato di non voler reintegrare gli operai. La democrazia e la giustizia restano fuori dagli stabilimenti. Chi lotta non si fermerà. Chi lotta sarà il 9 marzo a Roma con la Fiom.

13 commenti su “La giustizia non si licenzia.”

  1. Ma a che punto di nn ritorno siamo arrivati se non vengono applicate le sentenze emesse da un tribunale??? E dov’è lo stato? dove sono i suoi rappresentanti? Perchè il ministro del lavoro,il ministro della giustizia non intervengono, non si fanno sentire in questa vicenda? perchè stanno chiusi nelle stanze del potere,come chi li aveva preceduti,senza interessarsi ,quantomeno esprimersi, inerloquire al riguardo? perchè sono sordi a qualunque forma di protesta messa in atto al momento in Italia???? il braccio di forza di marchionne, scritto con la emme minuscola , il suo cinismo,la sua cafoneria, sfrontataggine,sono veramente insopportabili !!!! e i suoi continui ricatti , con l’accordo-assenso del precedente governo e di quello attuale sempre più intollerabili!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  2. Ho paura che abbiamo già superato il punto di non ritorno!! Neanche il P.D. che dovrebbe essere l’erede del partito che stava con la classe operaia, fa qualcosa. Ormai tutti i politici destra o pseudo sinistra si son resi conto che non ci si salva più!!! Siamo destinati verso la banca rotta e loro arraffano tutto quel che possono di quel poco che è rimasto; ormai non Hanno raschiato il fondo del barile!! Ci hanno fatto anche la scarpetta!!

  3. Ma voi sapete cosa hanno fatto i tre “bravi” lavoratori della Fiat?? Sapete cosa vuol dire sabotare una catena di montaggio mettendo a repentaglio la sicurezza dei colleghi?? La protesta può essere giusta, ma non in queste forme, informatevi prima di sparare giudizi! Poi si può sparare sulla Fiat, ma non difendete l’indifendibile!

    • Ah ecco, sai che la sentenza stessa ha riconosciuto innocenti i tre operai? E sai perchè? Semplicemente perchè l’impianto probatorio, fatto di testimonianze, foto e persino video, ha dimostrato che il fatto che tu richiami non è mai accaduto. Quindi non facciamo disinformazione, per favore.

    • Si Laura ero al Tribunale. Io sono lucano e ho seguito tutta la vicenda in maniera diretta, con i tre operai e tutti i compagni della Fiom Basilicata.
      Raffaele perchè sarebbe sbagliata la sentenza?

  4. La sentenza ha dimostrato l’innocenza dei tre operai. Non basta neanche questo nell’Italia del sentito dire? Raffaele non facciamo disinformazione, per favore.

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