Tra Questione e Spread morale, a Milano va in scena il revival di Mani Pulite

Milano, teatro Elfo Puccini. Sono le 15:30 e già c’è un po’ di gente che aspetta diligentemente all’ingresso. Arrivando noto subito una cosa strana: c’è gente che entra da via Tadino, dalle uscite di emergenza. Chiedo se posso entrare. Negativo, l’ingresso è riservato “ai militanti”. Faccio così la mia fila, aspettando un’ora prima che l’organizzazione si decida, viste le precarie condizioni di sicurezza, a farci almeno sostare nell’atrio del teatro (non tutti, solo i primi).

La gente è irritata, chiede perché non può prendere già posto, ma continuano a millantare che la sala è chiusa. In realtà è apertissima, solo che dovevano finire di far sistemare i pullman fatti arrivare da tutta Italia. Evidentemente a Milano Di Pietro non ha abbastanza tifosi. Partono i fischi e la gente protesta, soprattutto quando gli viene detto che le prime quattro file sono riservate all’autorità, così come la prima porta. Anche questa è l’Italia. Per placare la folla inferocita ci fanno entrare, in una sala Shakespeare stracolma e con pochi posti a sedere (e teoricamente eravamo i primi della fila e la sala doveva essere vuota).

Si litiga per il posto. Per fortuna riesco a trovare un angolino in alto, proprio di fianco alle telecamere di Rai1, con una simpatica giornalista che si sistema il trucco prima di iniziare la sua diretta. Ci sono più telecamere qui che in uno studio televisivo. Diretta nazionale.

Arrivano gli ospiti: Marco Travaglio, Antonio Di Pietro, Leoluca Orlando, Giuliano Pisapia, Bruno Tabacci. Rispettivamente giornalista, ex-magistrato, ex-sindaco di Palermo, ex-avvocato difensore di Forlani, ex-imputato. Uno per categoria, la par condicio è salva.

Aldilà della propaganda e delle cose dette e stra-dette, colpisce il riferimento di Orlando a Nando Dalla Chiesa, alla lotta alla mafia anche al Nord e al patto etico che la politica dovrebbe stipulare con i cittadini. È un crescendo di indignazione, con standing ovation per Pisapia e Di Pietro, ma gli applausi sono tutti per lui, Marco Travaglio.

Attacca chi bolla di “moralismo” la richiesta di una politica pulita, ricordando che nel paese dove fa scandalo un centimetro quadrato di pelle in più di Belen è abbastanza strano definire “moralisti” i cittadini perbene. E attacca la Fornero, scesa in campo contro quello spacco osé, ma che è andata ad omaggiare il nuovo stabilimento della Fiat dove si discrimina “razzialmente” i lavoratori FIOM.

Non ne esce indenne ovviamente Mario Monti, a cui l’Europa chiede di ratificare la convenzione di Strasburgo, ma che casualmente è l’unico argomento che pare non interessargli. E Paola Severino, che sul tema della corruzione si è presa “una pausa di riflessione” (manco fosse il fidanzato).

La critica più pesante va al Capo dello Stato, che non ha detto nulla dell’indecente linciaggio di Ingroia al CSM, anzi, ha invitato i magistrati a stare zitti e a non candidarsi in politica (con il paradosso che così avremmo un Paese in cui chi persegue i criminali non può essere eletto, mentre i criminali sì). Del resto, da uno che attaccava Berlinguer sulla Questione Morale cosa ci si può aspettare?

Ed ecco che a proposito di Questione e di quello che viene definito “spread morale” torna d’aiuto il caso tedesco, dove per un sospetto di presunto finanziamento a tasso più basso rispetto a quelli di mercato il Presidente della Repubblica Wulff si dimette, pur avendo annunciato la sua innocenza: eresia per un’Italia che ha il suo caso Tedesco, salvato dal Senato due volte, imputato però per corruzione e associazione per delinquere.

Di Pietro si commuove, quando dice che lui l’inchiesta Mani Pulite la difende tutti i giorni. Nessun applauso per Pisapia quando sostiene che è convinto che l’Italia sia governata da persone perbene (Giuliano, ma cosa stai dicendo?, parte dalle file centrali) e il gelo cala quando il sindaco di Milano, noto garantista, sostiene la separazione delle carriere in casa dipietrista (la tifoseria però non ha colto il passaggio e ha evitato di fischiare, per fortuna).

Il tutto si conclude rigorosamente alle 19:00 spaccate, perché “altrimenti ci tagliano la diretta”, ricorda ai presenti Gianni Barbacetto, moderatore dell’evento. Applausi finali e via.

Se posso dire, a proposito della pessima organizzazione dell’evento, forse era il caso di evitare di organizzare i pullman delle tifoserie e, se proprio non se ne poteva fare a meno, si poteva scegliere un posto decisamente più grande (visto che molta di quella gente che era in fila non è potuta entrare).

E a proposito di file, di etica e di “corsie preferenziali per le autorità”, mi è venuto in mente quel passo dell’articolo di Ugo Baduel pubblicato sull’Unità del 10 giugno 1984:

“Berlinguer agli aeroporti rifiuta sempre le salette riservate che i solerti funzionari del luogo gli mettono a disposizione e fa con pazienza file interminabili per uscire dal terminal.

Una volta a Catania c’era Gava nella saletta delle autorità che lo vide in fila e mandò uno dei suoi a dirgli che forse non s’era accorto che c’era quella saletta di dove si poteva salire per primi sull’aereo:

“Dica a Gava – rispose Berlinguer- che lo saluterei volentieri, ma dovrebbe venire lui qui perchè io, se mi muovo, perdo il posto nella fila”.”

Della serie, la classe non è acqua. Buon ventennale a tutti voi.

46 commenti su “Tra Questione e Spread morale, a Milano va in scena il revival di Mani Pulite”

  1. @Matteo vacci pacatamente a fanculo, non so perchè l’hai postato, ma se napolitano censura Ingroia non credo che sia una cosa corretta, anche perchè il motivo è decisamente sbagliato, avrebbe fatto molto meglio il nostro caro esimio presidente, a starsene zitto, come ha fatto per molto tempo quando il Nano Asfaltato parlava e agiva solo per se

  2. Ma nessuno si senta al sicuro!!!!Vedrete,manette,scintillare al sole,allora ,c’è da divertirsi

  3. Sul fatto riportato da Travaglio che Napolitano attaccava Berlinguer sulla questione morale non ci sono dubbi. Nel merito, Napolitano ha attaccato pubblicamente Berlinguer sull’ Unità, figuriamoci nelle riunioni di segreteria. Ricordiamo inoltre che il riferimento politico di Napolitano era Craxi. Ma Matteo o è troppo giovane o ha la memoria corta.

  4. Seppure non infallibile(come nessuno peraltro)meno male che c’era il Presidente Napolitano a custode della ns Costituzione e della Democrazia !! In caso contrario sarebbe stato molto peggio per la ns situazione politica in Italia e per la considerazione italiana nel mondo..Poi se piace a circa il 90% forse ci sarà pur qualche motivo..

  5. Passo dell’articolo di Ugo Baduel pubblicato sull’Unità del 10 giugno 1984:
    “Berlinguer agli aeroporti rifiuta sempre le salette riservate che i solerti funzionari del luogo gli mettono a disposizione e fa con pazienza file interminabili per uscire dal terminal.
    Una volta a Catania c’era Gava nella saletta delle autorità che lo vide in fila e mandò uno dei suoi a dirgli che forse non s’era accorto che c’era quella saletta di dove si poteva salire per primi sull’aereo:
    “Dica a Gava – rispose Berlinguer- che lo saluterei volentieri, ma dovrebbe venire lui qui perchè io, se mi muovo, perdo il posto nella fila”.

    Questo invece il comportamento di Napolitano all’ aeroporto di Bruxelles
    http://www.youtube.com/watch?v=8L-e5Cvm-wQ

    Differenza di comportamento pari a quella che esiste tra il giorno e la notte.

  6. Chi era Berlinguer lo sanno tutti, anche volendo, Napolitano non regge il confronto. Non è l’unico del vecchio P.C.I. che mal digeriva il suo rigore morale ( Non il Moralismo), pensare che Mirian Maffai ha fatto pure un libro per ” andare oltre ” Berlinguer, applaudito da tanti ex compagni .Ma lo ha scritto dopo che Enrico Berlinguer era morto, prima non ha avuto il coraggio…..Comunque ha me piacerebbe porre ” pacatamente ” questa domanda a Napolitano: perchè in questi tempi di estrema miseria, continua a percepire la pensione da parlamentare e l’appannaggio da capo dello stato??????….. Non risolveremo i problemi dell’Italia, ma darebbe certo il buon esempio……….solo che ci vuole coraggio, molto coraggio!!!!!!!!

  7. Napolitano e’ quello (non il mio ppresidente) che ha firmato tante, troppe leggi vergogna e ha usurpato la democrazia a noi italiani, mettendo il robottino monti a capo del governo, trattando lo stato come una SpA. la maggioranza che sono pochi comandano sulla minoranza che sono sempre tanti. Travaglio spesso e’ pesante, non sempre mi piace, ma lui e’ solo un giornalista. i suoi danni sono limitati volendo non lo si ascolta o legge.

  8. meno male che ha messo Monti, altrimenti facevamo la fine della Grecia…e almeno godiamo all’estero del rispetto che Berlusconi ci aveva fatto perdere. Non sono d’accordo su tutto qquello che fa monti, ma mi sebra che stia facendo una piccola rivoluzione per farci diventare un Pese civile.

  9. non tutti hanno il coraggio e la forza morale per porre “paletti ” al corruttore Berlu, Napolitano non ha avuto nè l’uno nè l’altra e a permesso a quello squallido figuro troppe leggi ad personam che sono state vergognose, palesemente incostituzionali/anticostituzionali come poi sanzionato dalle sentenze della Suprema Corte…. quindi non uno ma di tanti giornalisti come Travaglio avrebbe bisogno questo sventurato Paese….. hai il sostegno morale di tanti di noi, continua così sei un grandeeee….

  10. Dalle stelle alle stalle, basta poco, soprattutto riconoscenza verso l’unico politico che ad un certo punto ha mostrato gli attributi nessuna, avreste ancora Berlusconi al governo senza di lui e le sue capacita’ strategico/politiche, d’accordo con quelli a cui non e’ mai piaciuto, ma gli altri che lo hanno osannato su tv e giornali? Cose sporche di un paese piccolo piccolo

  11. Travaglio si deve dare una regolata, ormai fa di tutta l’erba un fascio, e non si capisce più cosa vuole, e con chi stà!

  12. i signori politici italiani :prendessero esempio dai politici stranieri ,loro per una bazzecola si dimettono,qui’ hanno una grande sfacciataggine di rimanere attaccati alle poltrone anche dopo essere stati condannati ma non punibili perchè si sono fatti le leggi ad hoc.

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