L’anno di Berlinguer

C’è un non so che di paradossale nei titoli dei giornali che si apprestano a consegnare il premio di uomo dell’anno a Giorgio Napolitano: dov’erano quando lo stesso consegnava a B. nel 2010 un intero mese per fare campagna acquisti, permettendogli di tirare a campare altri 11 mesi, con tutte le conseguenze che sappiamo? E dov’erano quando firmava le leggi vergogna, puntualmente sbugiardato dalla Corte Costituzionale? E come mai Repubblica, il cui Gruppo è diventato il primo sponsor del Presidente, mentre sbatteva in prima pagina Berlinguer e la Questione Morale (alterandone il pensiero) si è ben guardata di ricordare che la fronda anti-berlingueriana sul tema era guidata proprio da Giorgio Napolitano?

Tante domande, risposte ovvie. Ma è chiaro che il 2011 non è stato l’anno di Giorgio Napolitano, bensì quello della conferma dell’attualità del pensiero di Enrico Berlinguer. Noi, questa attualità e modernità, ci siamo sforzati per un anno di dimostrarla, e forse qualcosa è passato, visto che le visite ad enricoberlinguer.it sono in continua ascesa (e negli ultimi 10 mesi abbiamo sfiorato il milione e mezzo di visite). Per quanto riguarda me, invece, mi sforzo di farlo da 5 anni. Cinque lunghi anni. E vedere che le stesse persone che ti davano del cretino 5 anni fa, ora si intestano quelle stesse cose, mi fa sorridere.

Della modernità di Berlinguer in questi anni ho scritto parecchio. Dell’attualità della Questione Morale anche. E dire che iniziò tutto con un piccolo blog quasi per scherzo, eppure grazie al seguito di quel blog sono riuscito poi, col passaparola, a fare di questo sito quello che è oggi. Quando mi venne l’idea di fondare “Qualcosa di Sinistra”, mai avrei immaginato che da subito si sarebbe piazzato tra i primi 20 blog di politica in Italia, e che mai nel giorno del suo primo anniversario ci sarebbero state le dimissioni di B. (evento con il retrogusto amaro, purtroppo).

Il punto è che in 13 mesi e 11 giorni il sito è cresciuto troppo, anche e soprattutto per merito di Qualcosa di Sinistra. E’ diventato un punto di riferimento per tanti, un ossessione per altri (soprattutto quelli che non mantengono le promesse elettorali e pensano di fregare il prossimo); qualche satrapo, che oggi sta a Palazzo Marino a 8mila euro a trimestre per aggiornare gli status della fanpage di Pisapia, ci ha anche minacciato di farci chiudere perché strumentalizzeremmo, secondo lui, il nome di Berlinguer per fare gli interessi della Destra (è sempre la solita storia, li becchi col sorcio in bocca e quelli anziché scusarsi, ti accusano di collaborazionismo).

Chissà perché, allora, alla notizia della petizione per dedicare una via a Berlinguer a Milano, nessuno ha mosso un muscolo, anzi, qualcuno ci ha invitato a desistere (vi sembriamo i tipi?). E dire che nel caso specifico, ci eravamo semplicemente messi a difesa dei più deboli, ovvero i 130 precari licenziati del Comune, anziché con i 44 portaborse assunti per 2,5 milioni di euro (precari che per Natale hanno ricevuto proprio un bel pacco dall’amministrazione). Per noi essere berlingueriani significa stare dalla parte dei più deboli, non dei più zelanti servitori di questo o quel politico (ci sarebbe convenuto, sapete? Ma non siamo tipi da far politica per uno stipendio).

Eccoci dunque alla nota dolente. Nonostante il successo di “Qualcosa di Sinistra”, siamo costretti a chiudere il blog. La ragione? Non abbiamo soldi per mantenere nuovi database e, quindi, tra il blog e la nuova versione di EB.IT che occuperà decisamente più spazio dell’attuale, sacrifichiamo il blog. La memoria e la diffusione del pensiero di Enrico ha la priorità su qualsiasi altra cosa. Il che non significa che magari, in futuro, Qualcosa di Sinistra non torni come blog, ma attualmente non possiamo fare altrimenti. Anche e soprattutto per una questione di rispetto a voi che ci leggete e ad Enrico che è l’oggetto di questo sito. Senza contare che, dopo il delirante articolo che ha pesantemente danneggiato l’immagine di enricoberlinguer.it di Daniel Rustici su Casapound lo scorso sabato, è chiaro che il blog, così come è strutturato, non può più esistere. Ne va ripensata la forma e, soprattutto, vanno coinvolte persone capaci di tutt’altra capacità di analisi e, soprattutto, di formazione (l’idea era quindi quella di convertirlo in un mensile virtuale fatto non solo da noi giovani, ma anche da vari scrittori, giornalisti, intellettuali che si riconoscono nella figura di Enrico).

Vedere che le parole più usate per giungere al sito nell’ultima settimana sono state “enrico berlinguer casapoundè una cosa che mi fa ribrezzo. Il nome di Enrico associato a quello della peggior porcilaia fascista. E tutto perché qualcuno ha preso gusto a esercitarsi nell’arte della provocazione per fare il moderno e far parlare di sé, magari compiacendosi che altri siti e blog giustamente si chiedessero come potesse un blog ospitato sul primo sito web su Enrico Berlinguer, sputtanandone la reputazione costruita in quasi 3 anni di attività. Questa è una cosa che nemmeno l’art.21 della Costituzione mi fa digerire. C’è un limite a tutto. E l’antifascismo è un valore irrinunciabile per un berlingueriano. Anche per questo chiudiamo, per ora, per lavorare ad un prodotto migliore. Perché abbiamo una responsabilità in più, non è un semplice blog. E’ il blog dei ragazzi nati dopo il Crollo del Muro di Berlino che si riconoscono nelle idee di Enrico Berlinguer.

Ed Enrico Berlinguer non avrebbe mai sdoganato i fascisti. Beppe Sebaste lo racconta in un suo famoso articolo: “Mi viene in mente invece il silenzio: quello di Enrico Berlinguer quando, in una civile trasmissione sulla Rai di allora col moderatore Jacobelli, un esponente del Movimento sociale italiano (l’estrema destra), in deroga all’etichetta, gli rivolse una domanda diretta. Berlinguer restò in silenzio come se non avesse udito, e così a lungo che Jacobelli glielo fece notare imbarazzato (la tv non sopporta i silenzi). A lui Berlinguer rispose fermo e serafico: “Coi fascisti non parlo”.

18 commenti su “L’anno di Berlinguer”

  1. mio padre era un fascista,io ho simpatizzato per il pci, ci siamo sempre rispettati. Detto cio’, mi piace ricordare Enrico in un’altra occasione che è rimasta scolpita nella mia memoria, quando, non ricordo l’anno,ad una serrata di Mirafiori, tutti i partiti in silenzio, si presento’ alla folla oceanica di operai radunati davanti ai cancelli chiusi della fiat e pronunciò un memorabile discorso nel quale affermò testualmente “… se il sindacato, in totale autonomia, dovesse decidere di occupare la fabbria, sappia che il pci è pronto a scendere al suo fianco”. Nessun riferimento alla situazione odierna, solo un ricordo di cio’ che pote’ il gesto e la parola di un leader in un momento difficile.

  2. Io c’ero a quei tempi e devo dire che per i comunisti era normale non parlare con chi era di alleanza nazionale oggi addirittura c’è chi vorrebbe allearsi con fini ,per me rimane un fascista,come Ingrao rimane un comunista Se chiamate fini fascista forse si offende come napolitano del resto.Se lo chiamate comunista.

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