La Confindustria non ci salverà

Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire.”
(Enrico Berlinguer, dall’intervista ad Eugenio Scalfari)

C’è un non so che di mistico e paradossale nell’ennesima crociata della Confindustria contro la classe politica. Mistico perché, da Emma Marcegaglia in giù, sembra che gli imprenditori italiani abbiano vissuto negli ultimi 15 anni su un altro pianeta; paradossale perché sono corresponsabili dell’attuale crisi morale, economica, politica e sociale tanto quanto i politici che ora hanno preso gusto a dileggiare su tutti i maggiori quotidiani.

Diego Della Valle, addirittura, anziché sponsorizzare le proprie scarpe, ha tappezzato i quotidiani italiani di una lunga requisitoria dove il succo è che di fronte alla crisi delle economie mondiali e «per uscire da questo momento molto preoccupante» ciò che serve è «serietà, competenza, buona reputazione, senso dello Stato e amore per il proprio Paese».

La classe politica è in gran parte inadeguata, corrotta, inefficiente, è vero. Si rimpiange quasi quella della Prima Repubblica, spirata per una dose letale di tangenti. Ecco, ma chi le paga e le ha sempre pagate le tangenti ai politici, da che mondo è mondo? Gli imprenditori. E chi si avvantaggia delle leggi ad-personam del premier, oltre ai tanto odiati politici? Gli imprenditori. E come vengono pagate le tangenti ai politici? Con i fondi neri, che sono degli imprenditori. E chi massacra di cemento, rifiuti tossici e veleni l’ambiente e il territorio, grazie ai favori dei politici? Gli imprenditori.

Chi è, alla fine della fiera, l’agente corruttivo della classe politica di ogni Repubblica, senza distinzione di grado e di colore? La Confindustria. Lei e solo lei. I cui membri, tra l’altro, non disdegnano di dare in subappalto o addirittura di essere compartecipati con capitali illegali da imprese mafiose.

Il triangolo della corruzione è chiaro: politica, imprenditoria, mafia. E la mafia è tanto più forte nell’economia nera, tanto più forte è l’economia grigia, che è fatta appunto di professionisti, affiliati della Confindustria e politici corrotti.

Per raccontare il senso degli imprenditori italiani per la legalità ci torna utile una data, il 17 aprile 1997, quando su Il Sole 24 Ore, il giornale della Confindustria, arriva un doppio scoop: una lettera firmata da una cinquantina di grandi nomi dell’economia nazionale che protestavano contro la condanna ad un anno e mezzo di carcere inflitta dal Tribunale di Torino a Cesare Romiti per i reati di falso in bilancio, frode fiscale e finanziamento illecito ai partiti; il secondo scoop era che questa lettera era firmata dal dominus della finanza italiana, Enrico Cuccia.

Ma non c’era solo lui: c’era anche Diego Della Valle, a firmare quella lettera in cui “I sottoscritti, che sanno l’impegno personale, la dirittura morale e l’ortodossia di comportamento che hanno sempre caratterizzato Cesare Romiti, vogliono in questa occasione esprimergli tutta la loro stima e la loro piena solidarietà, convinti che le sue doti personali e di carattere gli consentiranno di portare avanti il proprio lavoro, dando a questo episodio il peso che esso effettivamente merita.

La tesi in quella lettera era: la Fiat ha un giro d’affari enorme, cosa volete che conti un piccolo falso in bilancio? La magistratura pensi ai politici corrotti e lasci stare i grandi imprenditori.

Lo stesso Della Valle, quando nel 1996 sul palco di Capri Piercamillo Davigo denunciava il pericolo di essere lasciati soli di fronte ai poteri forti dell’industria toccati dalle inchieste di Mani Pulite (presenti con lui al dibattito c’erano il neoministro della Giustizia Flick e Luciano Violante, presidente della Camera), accusò i giudici di cercare “facili applausi” e ancor più facili consensi, rischiando così di diventare “un problema democratico”. Parole chiave del berlusconismo militante.

Un’altra intervista, datata 27 ottobre 1999, riporta la testimonianza di un altro grande imprenditore, Leopoldo Pirelli, che ad Eugenio Scalfari confida di avere un grande rimorso, riguardo al silenzio su quei grandi imprenditori che durante Tangentopoli avevano sostenuto di essere stati vittime di una concussione generalizzata: “Non è stato così, concussi sono stati i piccoli imprenditori costretti ad allungare il milione o i dieci milioni al vigile urbano o al finanziere o all’assessore per ottenere una licenza o un favore fiscale. Ma non le maggiori imprese del paese.”

Ecco, se ne facciano una ragione quelli entusiasti dell’improvvisa conversione sulla strada per Damasco degli imprenditori: la Confindustria non ci salverà. Metterà semplicemente a capo un altro dei suoi più presentabile e, quando fallirà, lo scaricherà per puntare su un altro cavallo vincente. Ha fatto sempre così, continuerà a fare così.

18 commenti su “La Confindustria non ci salverà”

  1. […] Per raccontare il senso degli imprenditori italiani per la legalità ci torna utile una data, il 17 aprile 1997, quando su Il Sole 24 Ore, il giornale della Confindustria, arriva un doppio scoop: una lettera firmata da una cinquantina di grandi nomi dell’economia nazionale che protestavano contro la condanna ad un anno e mezzo di carcere inflitta dal Tribunale di Torino a Cesare Romiti per i reati di falso in bilancio, frode fiscale e finanziamento illecito ai partiti […] Tra questi c’era anche Diego Della Valle.

  2. in tutti questi anni di Belusconi, dove sono stati? Cosa hanno fatto? Come hanno evitato tutto questo?, Che cosa hanno fatto per questo paese?, Chi ha portato le aziende nei paesi poveri, sfruttando dignità e miseria di chi produce per loro? Chi ha utilizzato i vari condoni fiscali?

  3. Chi ha approfittato della legge sul falso in bilancio? Chi ha spostato i sui capitali all’estero? Chi ha in gestione il sistema Bancario? Chi risiede in paradisi fiscali? Chi ha barche o altri beni da mettere in bella mostra, intestati a società anonime?

  4. non solo di mastella, della valle è pappa e ciccia coi peggiori berluscones: carlo rossella, emilio fede, fabrizio del noce..che si dia anche spazio alle farneticazioni populiste di un industriale (del lusso) è segno del disordine in cui sta precipitando l’italia

  5. Si dice che in politica solo gli idioti non cambiano mai idea. Io credo lo possa essere anche nella vita dei cittadini “normali”, fossero anche imprenditori. Ci dobbiamo rendere conto che, al di là di come la pensavano un anno, dieci anni o un secolo fà, con i rappresentanti dell’impresa il centrosinistra (la sinistra) deve confrontarsi per un programma di governo. O qualcuno pensa che dopo berlusconi debba arrivare un nuovo clown a vendere bottigliette di elisir di lunga vita … vuote !!!

  6. La Confindustria sta tentando ,con ogni mezzo,di mandare a Palazzo Chigi un imprenditore che pensi “solo ed esclusuvamente” alla loro lobby…Come se non bastino ed avanzino i gravissimi danni pèrocurati dall’attuale…imprenditore che ha usato la sua posizione per “sistemare” solo i suoi beni e la sua persona! Aprite bene occhi ed orecchie,amici e compagni lavoratori,disoccupati,pensionati,casalinghe,giovani di buona volontà…!!!

  7. Ho letto il loro documento che dovrebbe spiegarci come salvare l’italia, si divide in quattro punti, riforme fiscali (Più tasse ai dipendenti e meno alle imprese, quindi più tasse per voi) Meno impedimenti alla crescita (Meno sicurezza sul lavoro, nessun paracadute sociale, meno per voi, più per loro) LIBERALIZZAZIONI del settore pubblico ( Ovvero, come vi svendo i pochi tesori di famiglia rimasti, Trenitalia, L’eni eccetera eccetera, che sono le uniche cazzo di cose che funzionano, chiedete agli inglesi com’è andata la liberalizzazione delle ferrovie)-

    Se ce la mettono nel culo questa volta, ce lo meritiamo.

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