E ora, Massimo, che si fa? Si dice qualcosa di sinistra?

Il fatto che non si comprenda che la questione morale è in questo Paese, forse, la fondamentale questione politica, dimostra la cecità di una classe dirigente: ed è un dramma per l’Italia.”
(Massimo D’Alema, ANSA, 23 gennaio 1992)

Ecco la nuova, ultima grana. Quando avevo parlato del fallimento politico e morale dei presunti eredi di Berlinguer, il 4 febbraio scorso, mi ero astenuto dall’inserire in quella ricostruzione, che partiva dal caso Unipol-Bnl, le vicende pugliesi che vedevano coinvolti dalemiani di ferro, semplicemente perché le indagini sono ancora in corso e mi piace sempre avere una visione d’insieme delle cose, e mai parziale. E’ un fatto però che con quell’ennesimo scandalo di persone che girano attorno alla persona di Massimo D’Alema il centrosinistra non è riuscito a montare lo scandalo, perché dall’altra parte si ripeteva all’unisono: siete tutti uguali. Tecnica che funziona benissimo se gli si danno anche le prove provate di comportamenti che, se sono illeciti dovrà stabilirlo la procura, ma che sicuramente non hanno nulla a che vedere col profilo etico di un rappresentante delle istituzioni. 

Sia chiaro: D’Alema è un politico fine, carismatico, che a volte ha anche posizioni condivisibili. Ma in vita sua non ne ha mai imbroccata una. A partire dalle persone di cui si è circondato nella sua lunga carriera politica, costellata da qualche successo e qualche fallimento di troppo, imputabile solo alla sua persona. Basti pensare a quel Velardi che oggi fa da spin doctor dei peggiori istinti ed umori del Berlusconismo a quel Rondolino che andò a fare l’autore per il primo Grande Fratello. E questi due sono i più famosi, ma la corrente dalemiana di impresentabili, nel corso di 18 lunghi anni, ne ha sfoderati fin troppi.

Filippo Ceccarelli, nel 2004, in occasione del 20esimo anniversario della morte di Berlinguer, si domandava cosa avrebbe detto il segretario più amato del Pci e il leader politico più popolare della Prima Repubblica dei suoi eredi, così diversi da come li aveva conosciuti, e concludeva che non li avrebbe proprio riconosciuti, se non forse per l’aspetto fisico. Mi chiedo infatti perché D’Alema non dica più quello che diceva una ventina d’anni fa, che è poi quello che lo ha portato ad avere successo dentro al partito. E sulle idee berlingueriane, sul rigore morale, sulla lotta ai privilegi e le ingiustizie che D’Alema ha costruito quella rendita di posizione che ancora oggi gli permette di decidere ogni cosa nel Partito, si chiami esso Pds, Ds o Pd. Chiunque voglia candidarsi alla guida del Pd, se vuole vincere deve ottenere il suo appoggio.

La domanda ora è: proprio in virtù di questa rendita di posizione, non sarebbe forse il caso di astenersi da certe frequentazioni? O comunque di scegliersi meglio i propri collaboratori? (domanda che vale come jolly anche per altri, a cominciare da Di Pietro).

Questa volta i guai per Massimo D’Alema non nascono dall’indagine che vede coinvolto il suo ex-compagno di regate Vincenzo Morichini né dai finanziamenti delle aziende di Morichini alla sua Fondazione Italiani Europei, ma da un verbale di interrogatorio nel quale sono emersi i rapporti spericolati tra Morichini e il faccendiere Pio Piccini, arrestato per il crack Omega-Eutelia.

Il 15 settembre scorso Piccini è stato sentito in gran segreto dai pm Francesco Greco di Milano, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini di Roma. Il tema principale dell’interrogatorio sono i rapporti di Piccini con i politici e tra questi in particolare con Massimo D’Alema, per il tramite appunto di Morichini. Il triangolo disegnato davanti ai pm da Pio Piccini lega l’amico di D’Alema, Vincenzo Morichini, alla Fondazione Italianieuropei (che prende finanziamenti dalle società di Piccini per una somma complessiva di 30 mila euro) e il gruppo Finmeccanica, che sigla un accordo quadro con lo stesso Piccini per il business delle intercettazioni telefoniche. Inoltre Piccini racconta che, sempre grazie a Morichini, aveva avviato un’intensa attività di lobby in Umbria e anche nelle Marche, per ottenere appalti nella sanità.

Si tratta di accuse che devono ancora essere riscontrate e che comunque, come sottolineano in Procura, probabilmente non configurano comportamenti penalmente rilevanti poiché i soldi incassati dalla Fondazione presieduta da Massimo D’Alema sono stati correttamente dichiarati. A prescindere dalla qualificazione giuridica, però, sono fatti rilevanti dal punto di vista politico e morale e meritano di essere raccontati in quanto tali.

Sebbene la Fondazione si ritenga estranea a tutto, il nodo politico è rilevante. Certo è che, in una tornata elettorale difficile e decisiva per le sorti del Paese, ancora una volta, per via diretta o indiretta, i guai di Massimo D’Alema, che ad ogni incontro pubblico oramai fugge, anziché rispondere alle domande degli elettori, rischiano di versare acqua al mulino del Cavaliere. Che ora, a reti ed edicole unificate, potrà ribadire: “Vedete? Sono tutti uguali.” Anche se non è vero.

25 commenti su “E ora, Massimo, che si fa? Si dice qualcosa di sinistra?”

  1. Un governo che sputtana, insulta ed espone alla derisione il proprio paese, non può che essere delegittimato, a partire dalla sua opposizione. Questo è ciò che D’Alema e il PD devono iniziare a fare, non ci sono altre cose di sinistra!

  2. se quelli di sinistra rientrassero nei partiti per cambiare le cose, invece di criticare e basta

  3. D’Alema che dice qualcosa di sinistra?! Non riesco proprio ad immaginarlo -.-

  4. io sono di sinistra e per partito preso difendo il più debole. conseguentemente difendo d’alema inviso alla sinistra ortodossa e considerato traditore del popolo lavoratore. mi permetto di dire che impallinando la mente più lucida della socialdemocrazia italiana, non si va da nessuna parte come già ampiamente dimostrato dagli esiti elettorali. o troviamo uno altrettanto intelligente e coraggioso e realista da dire le cose come stanno senzs demagogia o ci sia ffida a leader maximo senza se e senza ma. diversamente saremo destinati alla solita e inevitabile sconfitta in un fulgor di gloria

  5. ormai la sinistra non c’è più c’è solo l’attaccamento alla poltrona ,questa sinistra non vincerà ci vuole gente nuova ,pulita e onesta insomma ci vuole un altro Berlinguer !!!!!!!!!!!!! ma questa è un’utopia !!!!!!!!!!

  6. la questio e’ secondo me solo una: due grandi uomini Berlinguer e Moro sono morti per i loro ideali di democrazia e trasparenza, uno in piena campagna elettorale colpito da ictus, l’altro fatto fuori dalla demenza delle br e dalla complicità dei servizi segreti. se questi due uomini fossero sopravvissuti agli eventi che li hanno colpiti oggi l’Italia non sarebbe nelle mani di Berlusconi e dei suoi servi…………

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