Cara corruzione

Mario Ristuccia, Procuratore Generale della Corte dei Conti, mette tutti in guardia dal rischio che il nostro Paese corre subendo sempre più massicciamente il pesante effetto negativo della corruzione. Il rapporto del P.G. parla di un aumento superiore al 30% dei reati di corruzione nel nostro paese.

Leggendo il dato, in effetti, bisogna ammetterlo, noi italiani tendiamo a conferirgli minima importanza: l’assuefazione a questo tipo di notizie ha reso la nostra coscienza particolarmente avversa all’indignazione, quasi come se le dessimo per scontate. Quello che dovremmo fare un po’ tutti, invece, è prestare enorme attenzione a questo problema soprattutto se inserito nel contesto politico attuale. Lo stesso Ristuccia rimprovera, infatti, alla classe politica italiana non già l’immobilismo, ma, peggio, una scellerata serie di azioni che favoriscono il consolidamento e l’estensione di questa piaga distruttiva.

Primo fra tutti il ddl intercettazioni: “Non appare indirizzato a una vera e propria lotta alla corruzione – afferma Ristuccia – il disegno di legge governativo sulle intercettazioni, le quali costituiscono uno dei più importanti strumenti investigativi utilizzabili allo scopo”. Pare evidente come la lotta alla corruzione possa uscire pesantemente penalizzata da riforme del genere ed ancora una volta ci si chiede forse un po’ ingenuamente, il motivo di politiche di questo tipo. I dubbi aumentano se, seguendo il ragionamento del P.G., si menziona il Processo breve e il suo probabile impatto negativo sulla certezza del diritto in ambito processuale. Ultimo, ma non ultimo, il federalismo fiscale potrebbe, sempre a detta di Ristuccia, “aumentare la corruzione quando la vicinanza a interessi e lobbies locali favorisca uno scambio di favori illeciti in danno della comunità amministrata”.

È doveroso a questo punto provare ad osservare brevemente come il tema in questione possa invadere ed influenzare il sistema economico italiano.

Trasparency International, the global civil society organisation leading the fight against corruption, dal 1993 svolge un ruolo importantissimo al livello internazionale nella lotta alla corruzione. Ogni anno TI stila una classifica in base ad un indice di percezione della corruzione (corruption perception index) che si realizza in un range di valori da 0 a 10, in cui i valori più bassi sono attribuiti ai paesi con più alti tassi di corruzione. I servizi sono basati sull’elaborazione di dati provenienti da 13 indagini somministrate e fornite da 10 organizzazioni indipendenti localizzate in tutti e 5 i continenti. Il report del 2010, recentemente pubblicato, vede il nostro Paese al 67° posto su 178 paesi, scavalcato, tra gli altri, da Costa Rica, Rwanda e Namibia, solo per enunciarne tre. La classifica è dominata dalla Danimarca e vede le prime posizioni occupate da tutti i paesi dell’Europa del nord.

Oltre il dato quantitativo, in termini di analisi delle cause e delle conseguenze dell’estensione del fenomeno corruzione, giunge in aiuto uno studio effettuato nel 2008 dall’Onu che spiega come la correlazione tra diseguaglianze sociali ed istruzione, e tasso di corruzione sia più significativa di quanto possa sembrare. In particolare, il tasso di corruzione tende ad essere direttamente proporzionale alle disuguaglianze di reddito e inversamente proporzionale al livello di istruzione.

Fatte queste premesse, non appaiono, in effetti, così sorprendenti i suddetti dati fornitici sul caso Italiano. L’Italia, infatti, spende una percentuale irrisoria del PIL in istruzione (4,5%), significativamente inferiore rispetto al dato della Danimarca (8,3%), che curiosamente domina anche questa classifica, ma anche alla media OCSE (5,7%). E’ inoltre indicativo il dato in crescita del preziosissimo coefficiente di Gini, un indice che misura la sperequazione del reddito: l’Italia vanta un indice pari a 36,2, che negli ultimi 8 anni è aumentato di più del 16%. Non è un caso che per l’ennesima volta, la Danimarca si posizioni in testa alla classifica con un indice pari a 24,5.

Nessuna di queste notizie è confortante. Non è chiaro quale sia la causa di questa sorta di predisposizione italiana alla corruzione, quel che è certo è che l’effetto distorsivo del suo espandersi nel nostro sistema economico non è affatto da sottovalutare e, come si è visto, può condurre in un circolo vizioso che non può far altro che peggiorare la situazione. Se il sintomo persiste, consultare la Danimarca.

26 commenti su “Cara corruzione”

  1. Non mi sorprende affatto la cosa, siamo un paese che ha deciso l’auto distruzione, la nostra indifferenza è la complice di questo non governo, ci siamo abituati alla bugie e come si dice le bugie hanno le gambe corte e hanno finito il loro cammino adesso c’è un baratro fatto di nulla e di debiti, forse è giunto il momento di svegliarsi e liberarsi dello squallore che ci circonda …BUONA VITA ITALIA

  2. Stanno portando il nostro paese completamente alla deriva ,il sud poi alla poverta’ ,stanno pensando sempre come arrikkire il nord altro ke unita d ‘Italia ‘coloro ke lo hanno votato sono i primi a lamentarsi ,ma saranno ancora gli stessi a rivotarlo cambiare tutto x non cambiare niente ,cioè restare nella merda in cui siamo

  3. chissà se costoro ricordano la questione morale promossa da Enrico Berlinguer… chissà se un attimino si vergognano quando fanno le loro penose porcate, chissà se quando si guardano allo specchio si rendono conto di aver perso il mimino di dignità che avrebbero mai potuto avere…

  4. Chi l’avrebbe mai detto??? La Riforma non è stata mica uno scherzo…..

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